3 mesi di reclusione per delle nocciole: riassumendo molto brutalmente è questa le disavventura che sta toccando alle sorelle Sonia e Angela De Giusti, in quanto legali rappresentanti del laboratorio di produzione che rifornisce le gelaterie “Vaniglia”, piccola catena familiare con una quindicina di punti vendita localizzati soprattutto nel veneto, con un paio di insegne anche in Piemonte e Lombardia.
“Frode nell’esercizio del commercio” secondo gli inquirenti, “un malinteso” secondo l’avvocato della difesa che, assicura, impugnerà la sentenza. Ma cosa è successo?
“Nocciola del Piemonte”
I fatti risalgono all’agosto del 2020, in un complicato momento di gestione del lockdown, tra mascherine serale e discoteche chiuse. I Nas effettuano un controllo nel punto vendita di Vaniglia del centro commerciale Palladio di Vicenza, e la loro attenzione viene catturata da una targhetta che indica “Nocciola del Piemonte”. Alla perplessità seguono i controlli, e le autorità verificano che la pasta di nocciole impiegata per la preparazione non conteneva esclusivamente nocciole piemontesi, ma anche semi di provenienze diverse.
Fatti che hanno portato a una sanzione minima, ma che le sorelle hanno deciso comunque di impugnare, certe delle loro ragioni, e in questi giorni è arrivata la sentenza: “vendita di prodotti industriali con segni mendaci” e “frode nell’esercizio del commercio”, con condanna a tre mesi di reclusione e mille euro di multa.
Secondo l’avvocato Stefano Grolla, che si occupa della difesa delle sorelle Giusti, a creare il malinteso è stato il riferimento geografico confuso per Igp: “l’intera vicenda nasce da un malinteso. L’ipotesi dei Nas era che, siccome sul cartoncino c’era scritto nocciole del Piemonte, queste avrebbero dovuto essere esclusivamente Igp, di origine protetta. Ma scrivendo nocciole del Piemonte non c’è una vera e propria alterazione nei confronti del consumatore, perché non viene specificato che siano di origine protetta”.
Nessuna frode né alterazione quindi, secondo la difesa: “noi abbiamo citato una serie di giurisprudenza che dimostra la buona fede delle imprenditrici. C’è stato un fraintendimento tra l’ipotesi accusatoria di alterazione di un materiale alimentare di origine protetta e il fatto che il gelato è stato preparato con un tipo di nocciola che non era certificato come Dop. Aspettiamo le motivazioni, poi impugneremo la sentenza”.