L’olio di oliva è uno dei principali protagonisti della più recente cronaca gastronomica, anche e soprattutto per i severissimi rincari che ha subito nel corso degli ultimi mesi. Rincari che, come abbiamo avuto modo di raccontarvi in più occasioni, ci terranno con ogni probabilità compagnia ancora per i prossimi due anni; e che sono stati principalmente originati dal grave vuoto produttivo della Spagna, stritolata da una severissima siccità che ha mutilato la mole produttiva facendola passare da 1,4 milioni di tonnellate ad appena 663 mila.
Questo il contesto in cui squilla il più recente allarme di Unaprol, la principale associazione italiana di produttori olivicoli, che ha chiesto di attivare un faro su quei prodotti a basso costo generati dalla miscelazione di olio di oliva e altri oli e che negli ultimi tempi hanno preso a popolare gli scaffali dei supermercati.
Olio di oliva e miscele: le richieste di Unaprol
L’appello di Unaprol, formulato dal presidente David Granieri in una lettera, è stato rivolto direttamente all’Ispettorato centrale per il controllo della qualità e la Repressione delle frodi e alla Direzione generale della prevenzione e del contrasto alle frodi alimentari del ministero dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare: la richiesta, come accennato nelle righe precedenti, è di rendere più chiari quali siano i metodi analitici previsti per l’analisi di congruità dei prodotti in questione rispetto a quanto appare in etichetta, e di indicare con precisione la percentuale di olio extravergine di oliva in modo tale da offrire ai consumatori una scelta trasparente.
“L’olio extravergine di oliva per tanti anni è stato ingiustamente oggetto di sottocosto o primo prezzo e adesso, finalmente, anche grazie alla congiuntura internazionale che si è creata, non può più essere così” ha commentato a tal proposito Granieri. “Per questo motivo è stato sdoganato sugli scaffali della grande distribuzione questo blend composto da percentuali residuali di olio d’oliva con altri oli vegetali, il “condimento”, per cercare di trovare una commodity in grado di attirare l’attenzione dei consumatori ma questo tentativo, senza regolamentazione e controlli, rischia di risultare ingannevole che per chi acquista”.
La lettura di Granieri, per quanto naturalmente legittima, pare tuttavia dimenticare che, anche e soprattutto a causa della congiuntura internazionale da lui citata, il potere di acquisto dei consumatori italiani è stato pesantemente mutilato: quella di scegliere i cosiddetti “condimenti” al posto del (molto) più costoso olio extravergine di oliva, in altre parole, potrebbe non essere necessariamente la conseguenza di una pratica di mercato torbida, ma la conseguenza di una più semplice necessità.