Le microplastiche sono in grado di causare gravissime malformazioni (ed eventualmente la morte) dei ricci di mare. Si tratta, naturalmente, di un semplice tassello di un ben più complicato mosaico di preoccupazioni e rischi che arrivano a coinvolgere anche lo stesso essere umano: diamo un’occhiata a uno studio condotto da un team di ricerca italo-britannico, che per l’appunto ha dimostrato l’estensione della pericolosità di queste plastiche di ultima generazione sull’ambiente e sugli stessi esseri viventi. La ricerca, poi pubblicata sulla rivista Science of the Total Environment, ha preso in esame gli effetti delle sostanze provenienti dalle microplastiche sullo sviluppo embrionale e larvale del riccio di male, concludendo che l’esposizione a queste particolari sostanze determina gravi anomalie nello sviluppo.
Ma cosa sono le microplastiche?
Il nome, a onore del vero, lascia poco spazio alla fantasia: si tratta fondamentalmente di minuscole palline composte (tra le altre cose) di polietilene, polipropilene, polistirene e altri materiali comunemente impiegati in tutto il mondo. La loro presenza nei corpi d’acqua terrestri e nell’ambiente in generale è, ormai, ampiamente provata: basti pensare al fatto che in Nuova Zelanda tre pesci su quattro presentano tracce di queste particolari sostanze; o che in Olanda sono state trovate delle tracce in carne, latte e sangue degli animali da allevamento.
Il gruppo di studiosi ha, come già accennato, analizzato l’esposizione degli embrioni in via di sviluppo di ricci di mare a queste sostanze; riportando casi di malformazione dello scheletro, delle cellule neurali e immunitarie determinate – secondo l’ipotesi più accreditata – dallo stress cellulare e dalla produzione di energia dovuti alla contaminazione ai percolati di PVC. Gli esperimenti sono stati condotti collocando uova di riccio fecondate nell’acqua di mare “sporcata”, in varie concentrazioni, dalle microplastiche; suddividendo gli animali in più vasche: in alcune sono state inserite sostanze di nuova generazione, e in altre frammenti di plastica recuperati da una spiaggia.
Nel primo caso sono state osservati anomalie più o meno gravi a tutte le concentrazioni, con le malformazioni più significative (come la formazione dell’intestino al di fuori del corpo) registrate nelle concentrazioni più alte; mentre nel secondo si sono annotati casi particolarmente gravi solamente in concentrazioni più alte del 10%.
Cosa c’entra l’essere umano? È presto detto: poiché il riccio di mare è un importante bioindicatore gli esperimenti offrono dei punti di vista preziosi sui potenziali effetti sull’uomo. Già esistono indicazioni sul fatto che, almeno in vitro, le microplastiche sono in grado di creare alterazioni del metabolismo simili a quello di un cancerogeno” ha commentato a tal proposito aniela Gaglio, ricercatrice del Cnr-Ibfm. “Gli studi effettuati in vivo sui ricci di mare confermano alterazioni del metabolismo sotto esposizione con Pvc e alterazioni dello sviluppo embrionale”.