Anche la convenienza ha un prezzo, seppur con pagamento posticipato. Stando a uno studio da poco pubblicato tra le pagine della rivista Nature Food, l’Europa avrebbe reso le diete più inquinanti “artificialmente economiche”, investendo quattro volte più denaro negli allevamenti di animali rispetto che nella coltivazione di piante.
Ci può essere utile, per comprendere al meglio quanto appena letto, dare un’occhiata a qualche numero: nel corso del 2013 l’80% del denaro pubblico concesso agli agricoltori attraverso la politica agricola comune (PAC) è di fatto stato destinato ai prodotti animali, con la carne bovina – notoriamente la più inquinante – che, considerando l’inclusione dei mangimi per animali, ha visto i propri sussidi per chilogrammo passare da 0,71 euro a 1,42 euro.
Numeri, sussidi, inquinamento: l’Europa tra transizione e allevamenti
Vale la pena notare che questa non è certo la prima “macchia d’ombra”, se così vogliamo definirla, sulla presunta virtù ambientale dell’Europa, che di fatto punta a diventare il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050: pensiamo, per rimanere in tempi strettamente recenti, alla grossolana scelta di escludere gli allevamenti di bovini – i più inquinanti in assoluto, come già accennato in apertura di articolo – dalle direttive comunitarie sulle emissioni industriali.
A oggi, si legge nello studio, l’Europa spende quasi un terzo del suo intero bilancio in sussidi della PAC, “la stragrande maggioranza dei quali” spiega Paul Behrens, ricercatore sui cambiamenti ambientali presso l’Università di Leiden e coautore della ricerca in questione “è destinata a prodotti che ci stanno portando sull’orlo del baratro”.
In altre parole l’attuale impalcatura dei sussidi, più generosi per quelle aziende che occupano una maggiore quantità di terra, si sta traducendo in “esiti perversi per una transizione alimentare”, e questo perché, banalmente, il bestiame occupa più spazio delle piante. Vale poi la pena notare che gli animali così allevati vengono nutriti in maniera inefficiente, con colture che – sostengono i ricercatori – potrebbero essere destinate al consumo umano. Numeri alla mano, è bene notare che per produrre la stessa quantità di proteine la carne bovina richiede 20 volte più terra della frutta secca e 35 volte più dei cereali.
Per valutare l’estensione effettiva del sostegno europeo ai prodotti di origine animale i ricercatori hanno messo in relazione i registri dei sussidi a un database accademico sui flussi alimentari, e tracciato il “percorso” del denaro pubblico attraverso la catena di approvvigionamento nel 2013. Da allora, a onore del vero, la PAC è stata riformata per ben due volte, ma la ripartizione dei sussidi diretti è rimasta pressoché la stessa.
C’è chi, naturalmente, invita alla cautela, e a notare che nell’ultimo decennio i dati non si sono mantenuti del tutto costanti. Florian Freund, economista specializzato in ambito agricolo dell’Università di Braunschweig e co autore di uno studio del 2022 (forte di un database più recente ma meno completo), ha ad esempio sottolineato come, secondo le sue ricerche, solo circa la metà dei sussidi europei sono destinati agli allevamenti animali.