Nello discutere della contrazione dei consumi di vino che ha caratterizzato l’ultimo biennio abbiamo soprattutto individuato due direttrici tematiche: da una parte la tendenza, ormai solida e fertile, ad avvicinarsi alle declinazioni NoLo o dealcolate; e dall’altra l’ascendente di una congiuntura economica evidentemente negativa che ha portato gli acquisti di questo genere a occupare una posizione sempre più bassa nella scala delle proprietà.
C’è però chi, nel mezzo di questa giungla di segni in rosso, è riuscito a mettere a segno una crescita più che notevole: è il caso del consumo al calice e delle bottiglie da 0,375 litri, soprattutto al ristorante e soprattutto – per quanto concerne l’Italia, è chiaro – di Prosecco.
Come cambiano le tendenze, da una parte delle Alpi all’altra
La tendenza in questione pare che si stia manifestando, secondo una lettura proposta dai colleghi de Il Sole 24 Ore, soprattutto in Francia, calibrandosi su vini appartenenti alla fascia medio alta. Ignacio Sanchez Recarte, presidente del Ceev, ha spiegato che “nelle bottiglie di formato più piccolo in Francia si cominciano a trovare anche i Gran Cru“: una risposta agile per tentare di risolvere quella crisi di consumi che, soprattutto dall’altra parte delle Alpi, si fa sentire sempre di più; e che soprattutto permette di conciliare il desiderio – sempre più diffuso, per l’appunto – di bere meno.
La traduzione italiana di tale tendenza vede protagonista il Prosecco, per l’appunto. Secondo Sandro Botter, vicepresidente del Consorzio, le soddisfazioni più interessanti arrivano dalle confezioni ancora più mignon: quelle da 0,20 litri.
“A fronte di un calo delle vendite del formato da 0,75 litri che nell’ultimo anno ha perso il 3%” ha spiegato Botter a Il Sole “le confezioni mini hanno registrato nel 2023 un progresso del 3 % mettendo a segno una crescita che dal 2020 a oggi è stata del 67% e ormai rappresentano una quota del 4% sulla produzione totale”.
Ad accompagnare questo fenomeno si registra una contestuale vendita di vino al calice nei ristoranti. “Abito” diverso, ma stessa anima: l’idea è quella farsi una concessione che non vada né a salassare il portafoglio né a compromettere il sentire salutistico a cui abbiamo accennato nelle righe precedenti. Numeri alla mano, secondo Luciano Sbraga, vicedirettore e responsabile dell’ufficio studi della Fipe, il consumo al calice “ormai rappresenta in volume circa il 10% delle vendite di vino nei 140mila ristoranti italiani”.