Il problema è tanto semplice quanto grave – non c’è abbastanza materia prima. “Mai in passato avevamo assistito a una così vasta causa una serie di concause sul fronte degli aumenti dei costi di produzione de trasformazione del latte” sono le parole di Sergio Paoli, direttore della Latte Trento, che di recente ha dovuto chiudere entrambe le linee di produzione del Trentingrana. Definirlo un fulmine a ciel sereno, tuttavia, significa fondamentalmente essere in malafede: la crisi del mondo del latte esiste da tempo; ed è ben risaputo che, con i costi di produzione cresciuti in tripla cifra, numerose aziende si trovano a dover fare i conti con un bilancio in profondo rosso.
Il blocco non riguarda solo il Trentingrana, però: “Con la chiusura di 18 stalle, e quella prossima di altre 2 in arrivo, non abbiamo più materia prima, ci manca oltre il 15% di latte e di conseguenza abbiamo sospeso oltre che la produzione di Trentingrana anche della vendita di latte fresco alimentare” prosegue Sergio Paoli. “Quest’ultimo è in assoluto il prodotto più energivoro di tutti per cui è impossibile da produrre”. Un’altra vittima del cosiddetto caro bollette? Così pare. “Fino allo scorso anno la nostra bolletta elettrica era di poco più di 40mila euro, l’ultima è di 800mila!” spiega Paoli.
Ma la crisi, come accennato, è ancora più profonda: gli stessi allevatori lamentano una scarsa produzione di fieno, strozzata dalla morsa della siccità degli ultimi mesi – un taglio produttivo che ha innalzato i prezzi che, a loro volta, ha spinto diverse stalle a chiudere i battenti o a tagliare il numero di vacche. “Considerato che tutta la catena produttiva del latte è in crisi, cosa succederà nelle nostre valli di montagna dove gli allevamenti dei bovini sono i protagonisti della conservazione delle bellezze delle nostre valli?” si chiede Paoli. “E se chiudono le stalle, di conseguenza chiuderanno i nostri piccoli caseifici, che offrono ai turisti le prelibatezze della varie valli?”.