Continua a squillare l’allarme suonato dalla filiera del latte: secondo il terzo rapporto redatto dal Crea Politiche e Bioeconomia, che di fatto fotografa e documenta le difficoltà di un’agricoltura che sta affrontando una crisi – vuoi energetica, vuoi climatica– senza precedenti, infatti, l’imperversare della guerra in Ucraina ha portato a un aumento dei costi di produzione del 111% per ogni singolo allevamento da latte nel primo semestre dell’anno corrente. Si tratta, a tutti gli effetti, di uno dei dati più stupefacenti; e innegabile dimostrazione che quello del latte sia uno dei settori in maggiore sofferenza nell’ambito della zootecnia.
A guidare la classifica degli aumenti, con grande sorpresa di nessuno, sono ovviamente i rincari delle spese per l’energia elettrica (+35 mila euro in media), seguiti da quelli l’acquisto di mangimi (+34 mila euro) e dei carburanti (+6 mila euro). Interessante notare, rimanendo in questo contesto, le variazioni degli aumenti su scala territoriale: in questo caso è la circoscrizione nord occidentale a meritare la medaglia d’oro per il più elevato incremento dei costi (oltre 138 mila euro per azienda); mentre in quella nord orientale i costi aumentano del 108%, per crescere progressivamente nel centro (+112%), nel meridione (+129%) e nelle isole (+138%).
Le stime degli esperti parlano chiaro: un’azienda su quattro potrebbe non riuscire a riportare in equilibrio il bilancio, trovandosi dunque obbligata a dover tirare giù la proverbiale serranda. In altre parole, l’appello lanciato a inizio mese da Granarolo e Lactalis, che paventavano un prezzo del latte superiore ai due euro al litro, sta trovando un riscontro sempre più spaventosamente concreto.