Fra i numerosi latti vegetali che spuntano fuori come funghi, annoveriamo anche il latte di pisello. Prodotto dalla ditta Ripple Foods (non commercializzata qui da noi), il latte di pisello è stato lanciato come il nuovo latte vegetale miracoloso, quello che cura ogni malattia e che è migliore in tutto rispetto al latte vaccino. Almeno a detta dei suoi creatori e dei sostenitori del latte vegetale. Di latti vegetali in commercio ce ne sono ormai parecchi: latte di soia, latte di mandorle, latte di cocco, latte di canapa, latte di quinoa… Ma davvero il latte di pisello, come tutti gli altri latti vegetali, può essere equiparato al latte di mucca?
Le proprietà del latte di pisello
Se si va sul sito della Ripple Foods, il latte di pisello viene magnificato come un alimento ideale. Ma perché scegliere un latte simile? Ci sono molti motivi. Prima di tutto i latti vegetali sono la moda del momento: viviamo in un periodo nel quale il latte vaccino viene demonizzate (ingiustamente) ed è vittima di falsi miti e credenze, privi di qualsiasi fondamento scientifico. Ecco che allora i latti vegetali prendono piede sempre di più. C’è anche chi lo sceglie per un discorso etico, per esempio chi ha una dieta vegetariana o vegana. C’è chi, invece, lo usa in quanto intollerante al lattosio, il che, effettivamente, ci può stare. Non regge invece il discorso di chi beve il latte di piselli perché allergico al latte di soia o al latte di arachidi: ricordiamo che soia, arachidi e piselli sono tutti legumi, quindi è probabile che se si è allergici a un legume, lo si sia anche agli altri (anche se il discorso è più complesso di così).
Sul sito della Ripple Foods sono tante le proprietà attribuite al latte di pisello:
- ricca fonte di proteine vegetali (sotto approfondiamo il discorso del valore biologico delle proteine e di concetti come la biodisponibilità)
- ricco di potassio, ferro e calcio (tuttavia non è tutta farina del suo sacco: il latte di piselli viene ulteriormente addizionato di minerali, vitamine e acidi grassi omega 3 DHA, quindi in origine tanto ricco di questi nutrienti non è. E rimane sempre valido il discorso dell’effettiva biodisponibilità)
- ipoallergenico (valido per chi è intollerante al lattosio, ma non per chi è allergico a soia e arachidi, per esempio)
- ipocalorico
- povero sia di zuccheri che di carboidrati
A proposito degli ultimi due punti: per chi è a dieta sono concetti fondamentali, ma non dobbiamo dimenticare che l’organismo ha comunque bisogno di una minima quota di grassi, zuccheri e carboidrati per funzionare correttamente.
Di questo latte di pisello, poi, esistono diverse varianti:
- Original
- Unsweetened Original (sugar free)
- Vanilla
- Unsweetened Vanilla
- Chocolate
Ma è davvero così miracoloso il latte di pisello?
No, non proprio. Quando si parla di latti vegetali, non bisognerebbe prendere per oro colato i singoli dati. E’ vero, il latte di pisello ha molte più proteine rispetto al latte vaccino, ma nel caso specifico delle proteine bisogna fare due considerazioni. Prima di tutto, il livello qualitativo di tali proteine ovvero il contenuto di aminoacidi essenziali, quelli che l’organismo non è in grado di produrre da sé, ma che deve per forza assumere con la dieta. Nel caso delle proteine, infatti, si parla di valore biologico delle proteine, cioè la quantità e i tipi di aminoacidi essenziali che contengono. Più aminoacidi essenziali contengono, è più alto sarà il valore biologico e viceversa. Avere tante proteine, ma di scarso valore biologico, vuol dire non poter paragonare i due prodotti.
Inoltre, quando si parla di proteine, vitamine e minerali contenuti (con particolare riferimento al calcio), bisogna anche valutare quanto tali nutrienti siano biodisponibili. Spesso e volentieri, infatti, capita di vedere tabelle nutrizionali in cui determinati alimenti vegetali hanno più vitamine o minerali di corrispondenti alimenti animali. Ma questo non basta: se questi nutrienti non sono biodisponibili, allora non servono a nulla. Facciamo un esempio: gli spinaci contengono due volte tanto i livelli di ferro della carne bovina. Tuttavia questo ferro negli spinaci è legato a fitati che ne bloccano l’assorbimento, per cui la biodisponibilità del ferro degli spinaci è nettamente inferiore a quella della carne bovina. Il che vuol dire che sì, gli spinaci potranno avere tutto il ferro che vogliono, ma se l’organismo umano non riesce a usarlo, allora non serve a niente pubblicizzarne i maggiori livelli.