Stringere i limiti di tolleranza per la presenza di sostanze chimiche nell‘acqua potabile, così da evitare – stando alle stime dello stesso governo a stelle e strisce – l’esposizione ai cosiddetti PFAS a circa cento milioni di persone. Questo, dovutamente riassunto, il piano dell’Agenzia per la protezione ambientale degli Stati Uniti (da qui in poi più comodamente indicata con l’acronimo EPA), che ha di fatto fissato il limite zero per due molecole collegate a forme tumorali (il Pfoa, già catalogato come cancerogeno per l’uomo e il Pfos, attualmente riconosciuto come possibile cancerogeno) e stringendo notevolmente la soglia di tolleranza di altre quattro molecole.
Immaginiamo che, poste le premesse, sorgano spontanee almeno due domande – cosa sono le PFAS in questione, e cosa sta facendo l’Italia (e in più generale l’Europa) per contrastarle? Cominciamo con la più semplice definizione: le PFAS sono di fatto sostanze chimiche artificiali estremamente longeve, note anche e soprattutto con il nomignolo di forever chemicals (o inquinanti eterni, per intenderci), notoriamente associate a numerosi problemi per la salute.
La lotta alle sostanze chimiche nell’acqua potabile: un Oceano di differenza
Prima di volgere lo sguardo al di qua dell’Oceano Atlantico, però, è bene definire con precisione quelli che sono gli effettivi piani a stelle e strisce. L’EPA, come abbondantemente anticipato in apertura di articolo, ha di fatto stabilito dei limiti eccezionalmente bassi per Pfos, Pfoa (le due molecole cancerogene o potenzialmente tali citate qualche riga fa), Pfhxs, Pfna e Hfpo-da; oltre a introdurre un nuovo limite per le miscele ottenute da due o più di queste ultime tre PFAS.
Numeri alla mano, il piano dell’amministrazione Biden è di fatto mosso da un investimento da nove miliardi di dollari, la somma più alta mai messa a disposizione nel ristretto contesto degli inquinanti eterni. Vale poi la pena notare che a queste risorse sono da aggiungersi altri dodici miliardi stanziati per un miglioramento di carattere più generale della qualità dell’acqua potabile, in misure che comprendono ma che non sono limitate alla lotta alle PFAS.
Giungiamo, dunque, alla situazione europea o più precisamente a quella italiana. Un rapporto relativamente recente di Greenpeace (ve ne parlammo a maggio del 2023) aveva denunciato come circa un quinto dei campioni di acqua potabile provenienti dalla Lombardia fosse di fatto contaminato dalle sostanze chimiche in questione. Vale la pena notare che tali calcoli, a causa della natura stessa delle PFAS e dal fatto che le analisi di cui sopra non sono state condotte in maniera capillare, rischiano di essere macchiati da ingenti sottostime.
La Lombardia non è sola, naturalmente. “Il Veneto è teatro di uno dei più grandi casi di contaminazione da Pfas al mondo” ha spiegato Giuseppe Ungherese, il responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace Italia. L’associazione ha ampiamente dimostrato “la presenza di queste sostanze anche nei corsi d’acqua della Toscana e nelle acque potabili di diversi comuni della Lombardia e del Piemonte, a concentrazioni che, da oggi, negli Stati Uniti sono considerate pericolose per la salute umana”.