È passato poco meno di un anno da quanto l’Unione Italiana Vini titolava “Rischio corto circuito per il vino italiano in questo 2023″. La scorsa vendemmia italiana, i nostri lettori più appassionati lo ricorderanno bene, si era di fatto qualificata come una delle peggiori di sempre da un punto di vista squisitamente quantitativo; con stime che indicavano tagli complessivi addirittura del 24%. In Francia, invece, i cugini d’Oltralpe (o almeno una parte di questi) festeggiavano un’annata che “superava ogni aspettativa”.
Quest’anno andrà diversamente. Secondo i dati del dipartimento di statistica agricola del governo francese, si stima che la produzione di vino diminuirà del 18% su base annua e dell’11% rispetto alla media quinquennale, arenandosi su di una mole complessiva di 39,3 milioni di ettolitri. Un rapido paragone: al termine della vendemmia 2023, annus horribilis, il raccolto italiano si arenò tra i 38 e i 40 milioni di ettolitri.
Le ragioni dietro il calo di produzione
Numeri alla mano, per i cugini d’Oltralpe la vendemmia 2024 si sta profilando come una delle peggiori (badate bene: ci stiamo ancora esprimendo in termini quantitativi, che la partita sulla qualità è ancora tutta da giocare) dai tempi della Seconda Guerra Mondiale. Secondo i dati del ministero dell’Agricoltura, per trovare stime di raccolto così basse occorre tornare fino al 1957. Ma quali sono i motivi?
Al banco degli imputati figurano i soliti sospetti. Le autorità locali raccontano che il calo produttivo è dovuto principalmente a “condizioni meteorologiche particolarmente sfavorevoli che hanno ridotto il potenziale produttivo in quasi tutte le zone vitivinicole”, con i cali più significativi che riguardano i vigneti del Giura (dove addirittura si attende un taglio del 71%), della Charentes (-35%), della Val de Loire (-30% su base annua, e -15% rispetto alla media quinquennale) e del Beaujolais-Bourgogne (-25%, ma è bene notare che si arrivava da un anno particolarmente generoso).
Di nuovo, il paragone con la vendemmia italiana dello scorso anno è quasi obbligato: tra i principali indiziati della crisi produttiva trovammo una congiuntura climatica particolarmente avversa e soprattutto l’imperversare della peronospora.
Il caso francese, dicevamo, è simile. I rapporti redatti dalle autorità competenti raccontano di gelate severe e improvvise e di grandinate violente, con il delicato periodo della fioritura che sarebbe stato caratterizzato da un clima particolarmente umido che avrebbe favorito la proliferazione di muffe e altre malattie.