La stagione venatoria 2024-25 si è aperta nel segno della controversia. Sul capo dell’Italia, tanto per cominciare, pende una procedura di infrazione avviata dalla Commissione europea proprio a tema caccia, le pagine di cronaca hanno già preso a pullulare di casi di infortuni (anche mortali) e tra i cacciatori (e chi, evidentemente, è loro amico) e le autorità governative e comunitarie è in corso un braccio di ferro per allargare la lista di specie cacciabili.
Ma andiamo con ordine: vale la pena ricordare che l’Italia, da un paio di anni a questa parte, ha intrapreso un percorso di deregolamentazione della caccia che ha reso sparare sempre più facile. Sparare, sì, in senso volutamente generico: a qualsiasi animale e in qualsiasi luogo, aree urbani e parchi e riserve naturali comprese, con Coldiretti che giustifica il tutto come necessario a impedire che la fauna selvatica (leggere: i cinghiali) danneggi le coltivazioni.
Morti, infortuni e braccio di ferro
Era il dicembre del 2022 quando Tommaso Foti, capogruppo di FdI alla Camera, inserì nella legge di Bilancio un emendamento che aprì in maniera esplicita alla possibilità di fare fuoco “nelle zone vietate alla caccia, comprese le aree protette e le aree urbane”. Come accennato, il semaforo verde fu puntualmente accompagnato dall’idea di un “piano di contenimento” per i cinghiali.
Un anno più tardi Francesco Buzzone, deputato leghista, ha presentato una proposta di legge con l’obiettivo di ammorbidire i permessi sull’impiego dei richiami vivi, lasciando libero campo decisionale alle singole regioni. Qualche mese più tardi il meloniano Bartolomeo Amidei apre alla possibilità di consentire ai sedicenni di imbracciare il fucile: il ministro Lollobrigida, questa volta, scende in campo e boccia la proposta.
Questa l’impalcatura contestuale. Arriviamo a noi, dunque: negli ultimi giorni, contestualmente all’apertura della stagione venatoria, il WWF ha impugnato i calendari venatori di Marche, Emilia-Romagna, Lombardia, Calabria, Basilicata, Umbria, Campania e Veneto, ottenendo il pollice in su del Tar per queste ultime quattro regioni. Il motivo?
È presto detto: “Continua la tendenza a violare i Key concepts”, scrivono da WWF. La tortora selvatica, ad esempio, avrebbe bisogno di essere esclusa dalle specie cacciabili così da permettere un poco di respiro ai numeri di una popolazione in netto declino. Lo ha detto la Commissione europea, e lo ha ribadito il Ministero dell’Ambiente e Sicurezza Energetica, “ma alcune regioni, seguendo le associazioni venatorie, non ne vogliono sapere“.
“Stessa cosa per quattro specie di anatre (moriglione, fischione, codone e mestolone)” continua il WWF. “La Commissione UE ha chiesto la moratoria, il MASE si è adeguato ma alcune regioni le includono tra le specie cacciabili. Grave che si autorizzino le preaperture che vanno a incidere su specie fiaccate da caldo torrido e siccità”. Il bollettino di morti e infortuni, nel frattempo, comincia già a riempirsi.
Un paio di esempi: il primo di settembre un 55enne calabrese è morto dopo essere stato raggiunto da un colpo partito accidentalmente dal fucile che imbracciava durante una battuta di caccia a Caulonia, nel Reggino. Il giorno successivo un uomo di 51 anni è rimasto ferito alla gamba da un colpo partito accidentalmente dall’arma di uno dei compagni di caccia durante una battuta a Cupello, in provincia di Chieti.