Non ho il Green Pass, ma non posso comunque rinunciare al caffè o all’aperitivo con gli amici. Che fare? Semplice: me ne procuro uno fasullo, intestato a qualcun altro. Chi vuoi che se ne accorga? L’importante è che al controllo appaia il semaforo verde. Al Bar Tripoli de La Spezia, però, questo piano degno del migliore Arsenio Lupin è andato in fumo, coinvolgendo anche la titolare del locale.
Un gruppo di amici si siede al tavolo, l’app ha assicurato che le loro certificazioni verdi sono tutte in regola. Quando un paio di agenti delle forze dell’ordine si presentano per un controllo di routine, quindi, la titolare dal bar è tranquilla. Peccato che una ragazza, appena vede i vigili, svuota il sacco: “Io il Green Pass non ce l’ho”. E quello mostrato poco prima? Eh, è intestato a un’altra persona.
“A quel punto la polizia locale ha multato la ragazza di 280 euro, ma la stessa sanzione è stata fatta anche a me” racconta Paola Melis, titolare del locale in questione. “Mi è stato contestato il fatto di non aver verificato la corrispondenza del green pass con chi lo aveva esibito, ma io in quanto pubblico ufficiale non posso chiedere i documenti a una cliente, a meno di una evidente difformità fra i dati del pass e la fisionomia di chi lo mostra”. Vero, l’età indicata sul Green Pass era diversa da quella della ragazza, ma la titolare ha agito in buona fede fidandosi del semaforo verde dell’app. E oltre a trovarsi con una multa da 280 per la furbata di un’altra, ha pure rischiato di non vedere i soldi del conto: “Ho anche dovuto seguire la ragazza fuori in strada perchè dopo essere stata verbalizzata era uscita senza pagare quando dovuto”.