Proiettili, sangue, carri armati e dazi – nel sanguinoso braccio di ferro della guerra la definizione di arma trascende l’acciaio e la violenza e si muove anche e soprattutto per le arterie del sistema economico. Così, mentre l’Europa si prepara a calare la scure sul grano russo, fino a ora risparmiato dalle sanzioni comunitarie, da Mosca giunge la notizia che l’Associazione dei viticoltori e dei produttori di vino russi (Awwr) stia rumoreggiando per ottenere un aumento dei dazi al 200% sul flusso di vino importato dai Paesi della Nato, Italia naturalmente inclusa.
La richiesta dei produttori russi, in altre parole e se dovesse essere effettivamente accolta, porterebbe di fatto a un incremento di dieci volte l’attuale importo del dazio sull’importazione di vino – una spallata che, secondo le dura legge del numero, andrebbe a compromettere seriamente le vendite in Russia del nostro caro e vecchio Stivale.
Vino italiano e Russia, il rapporto in numeri
Vale dunque la pena notare che, numeri alla mano, l’Italia si trova attualmente tra i primi dieci esportatori in territorio russo assieme a Georgia, Francia, Spagna, Portogallo e Paesi baltici. Scendendo più nei dettagli e prendendo in esame i dati Istat, le esportazioni italiane con destinazione Mosca hanno fatto registrare un valore complessivo di i 158,6 milioni di euro nel corso del 2023 (in calo, è bene sottolinearlo, del 7,7% rispetto all’anno precedente); di cui ben 83 imputabili ai soli spumanti.
In definitiva il mercato russo non è dunque una delle destinazioni più fertili per il vino italiano, ma non è certamente nemmeno trascurabile – in particolare per il settore delle bolle, com’è chiaro. D’altro canto, è bene notare che nei primi dieci mesi del 2023 il valore dell’export italiano raggiunse quota 124,5 milioni di euro, in crescita del 3,9% sullo stesso periodo del 2022: a determinare la contrazione che, come abbiamo visto nelle righe precedenti, si è infine tradotta in un notevole calo della performance su base annua, fu un primo innalzamento dei dazi dal 12,5% al 20% introdotto da Mosca sul finire del periodo estivo.
Le richieste dei produttori russi, tuttavia, non si fermano all’inasprimento dei dazi: stando a quanto riportato dall’agenzia stampa Sputnik Globe, infatti, l’Associazione chiede una presenza di almeno il 20% di offerta di vini russi nei punti vendita e del 50% nei ristoranti. L’obiettivo, chiaramente, è quello di tutelare quanto più possibile lo stato di salute della Russia del vino: numeri alla mano, riporta ancora Sputnik Globe, la quota di mercato complessiva dei vini russi sarebbe diminuita del 4% nel corso dell’ultimo anno. Tutto chiaro: ma come farà, ora, il buon Dmitry Medvedev senza il suo vino toscano?