Cominciamo con il mettere i proverbiali puntini sulle i – sì, naturalmente l’Italia rientra tra i cosiddetti “Paesi ostili”, un po’ come tutti gli altri stati europei. Vien da sé, dunque, che l’aumento dei dazi doganali riguardanti tutti i vini e i vermouth da parte della Russia colpisce duro: se è pur vero che Mosca ha a lungo vissuto come una promessa forse mai pienamente raggiunta di un nuovo e abbondante mercato per il vino del nostro caro e vecchio Stivale, è altrettanto giusto ricordare che la Russia è il nono mercato complessivo per la produzione nostrana, il quinto se restringiamo la nostra analisi ai soli spumanti.
La Russia e i dazi sul vino: un’occhiata ai numeri
Non chiamatelo fulmine a ciel sereno: il decreto in questione, che come accennato ha pesantemente ritoccato i dazi doganali per tutti i vini e i vermouth, è di fatto entrato in vigore all’inizio di agosto. Numeri alla mano, si tratta di un innalzamento al 20% rispetto alla precedente tariffa del 12,5% per il vino e del 10% per i vermouth – un quasi raddoppio che si applica a partire da un valore di 1,5 dollari al litro e che, di conseguenza, coinvolge pressoché l’intero flusso in export del Bel Paese.
Diamo ancora un’occhiata a qualche manciata di dati – nel solo 2022, con la guerra in Ucraina ormai in atto, l’Italia ha spedito spumanti verso la Russia per un controvalore di 91 milioni di euro, equivalente a una notevolissima crescita del 28% su base annua. Si è registrato un aumento anche per i vini fermi, seppur decisamente meno importante rispetto ai “colleghi” con le bollicine (+5,1% rispetto al 2021); con un valore complessivo del flusso in export di oltre 170 milioni di euro.
Tra i “soliti sospetti” si trova il Prosecco e anche l’Asti Spumante, tant’è che nelle prime settimane che seguirono l’invasione armata dell’Ucraina i produttori piemontesi già paventarono un crollo delle esportazioni di questa particolare produzione.
È tuttavia bene notare che molti osservatori ritengono inattendibili, o più semplicemente non del tutto esaustivi, i dati appena riportati; suggerendo che i numeri del vino italiano in Russia siano ancora superiori. A fomentare questa ipotesi ci sarebbero in primis le etichette che riescono a penetrare nel territorio russo attraverso i paesi limitrofi: l’esempio proposto è quello della Lettonia, che lo scorso anno ha acquistato vini italiani per un valore di 28,8 milioni di euro (+26,5%) ai quali vanno aggiunti i 52,2 milioni di spumanti (+101%).
La cortina di ombra si spande da Mosca, in altre parole, che non a caso a partire dall’invasione dell’Ucraina ha cessato di diffondere i dati sull’import che consentirebbero una lettura più limpida e non “sporcata” dal transito in altri paesi. Per valutare l’effetto dei nuovi dazi sul vino, in altre parole, sarà necessario pazientare qualche mese.