Tra le più sorprendenti e costanti abilità dell’essere umano c’è senza ombra di dubbio quella di fare di necessità virtù o, se preferite i termini più squisitamente diretti, di arrangiarsi. Prendiamo il caso del prezzo del cacao, salito notoriamente alle stelle da poco più di un anno a questa parte a causa anche e soprattutto di una domanda che si mantiene solida – che dire: il quadratino di cioccolato è, evidentemente, una coccola a cui in pochi sono disposti a rinunciare – e gravissimi problemi di approvvigionamento, con la produzione dell’Africa occidentale mutilata dal susseguirsi di una spietata siccità e piogge travolgenti.
I numeri non mentono; il problema è grosso, tanto per le tasche del consumatore quanto per quelle delle aziende, e pertanto occorre, come dicevamo, arrangiarsi. Cargill, colosso a stelle e strisce noto come il più grande commerciante di cereali a livello globale, l’ha fatto “tagliando la testa al toro” e decidendo di fatto di produrre per la prima volta cioccolato senza cacao. Semplice, no?
Cioccolato senza cacao: tutti i dettagli del piano di Cargill
Perno imprescindibile del piano di casa Cargill è la partnership, fresca di stretta di mano, avviata con la start-up Voyage Foods, specializzata per l’appunto nella produzione di cioccolato senza cacao. VF ha sede in California, Stati Uniti, e impiega ingredienti di origine vegetale con l’obiettivo di sviluppare alternative sostenibili e prive di latticini a prodotti popolari che – e qui citiamo direttamente le parole della start-up hanno “un futuro incerto”, anche e soprattutto a causa delle difficoltà di approvvigionamento. Prodotti come il cioccolato, per l’appunto.
Cargill, nel contesto della partnership, vestirà i panni del distributore esclusivo su scala globale di Voyage Foods per quanto concerne i servizi B2B, ampliando il proprio portafoglio di cioccolato tradizionale con alternative senza cacao e lanciando una prima gamma disponibile sul mercato europeo (anche se è bene notare che, stando a quanto lasciato trapelare, sarà presto resa disponibile anche in altre regioni del mondo).
C’è chi potrebbe leggere nella visione di Voyage Foods la volontà di intercettare quella che si sta sempre più configurando come una delle più urgenti sfide del mondo alimentare – quella della disponibilità effettivamente sostenibile, e di cui la vischiosità logistica altro non è che un grosso sintomo. La carne coltivata, per intenderci, può rappresentare un segmento di ricerca innovativa che “spinge” nella medesima direzione: una potenziale soluzione ai limiti ambientali e sostenibili della produzione di cibo del futuro.