Sta procedendo il processo nei confronti dello chef Marco Sacco del ristorante due stelle Michelin Piccolo Lago di Verbania e della direttrice di sala Raffaella Marchetti. Adesso pare che il PM abbia richiesto otto mesi di carcere per le accuse di lesioni personali colpose e commercio di sostanze alimentari nocive a causa di un risotto con vongole e borragine. Bisognerà ora vedere cosa decidere il giudice.
Cosa è successo allo chef Marco Sacco?
La vicenda risale al mese di luglio 2021. 75 invitati a un pranzo di nozze organizzato proprio nel ristorante dello chef Sacco avevano lamentato un’intossicazione alimentare da Norovirus dopo aver mangiato un risotto con vongole e borragine.
Qualche giorno dopo aver partecipato al pranzo nuziale, diversi commensali avevano cominciato a manifestare i sintomi gastroenterici tipici delle intossicazioni alimentari:
- nausea
- vomito
- diarrea
- dolori addominali
Alcuni commensali avevano dovuto recarsi anche al Pronto Soccorso. Erano così scattate le verifiche del caso, dalle quali era emerso, secondo quanto riferito dai Carabinieri del Nas di Torino, che le responsabili dell’intossicazione alimentare erano state le vongole. Servite crude nel risotto in questione insieme alla borragine, erano risultate essere contaminate dal Norovirus.
Nel 2022 Marco Sacco aveva spiegato al Gusto che loro avevano comprato vongole che potevano essere mangiate crude, così come scritto sull’etichetta del produttore e come indicato nella scheda tecnica del prodotte. Inoltre si trattava di vongole che usava dal 2015: da quando lo chef si riforniva da quel fornitore aveva servito più di 3mila piatti.
Da qui era poi partito il processo: cinquanta le parti che si erano costituite nel procedimento con il rito abbreviato, comprensive della coppia degli allora novelli sposi e di alcuni dei commensali coinvolti. Costoro avevano chiesto un risarcimento che superava i 100mila euro. Adesso, invece, il PM ha chiesto otto mesi di carcere, per le accuse di lesioni personali colpose e commercio di sostanze alimentari nocive .
Gli avvocati delle parti offese hanno sostenuto che sia lo chef che la direttrice di sala devono rispondere delle accuse perché si trattava di un prodotto surgelato che era stato decongelato e dunque servito. Quindi, di fatto, era stato trattato.
Di avviso contrario, invece, l’avvocato Marco Ferrero che difende lo chef e la direttrice di sala. Da sempre la sua tesi è che la contaminazione dell’alimento, il quale ricordiamo è arrivato nel ristorante già confezionato, è avvenuta fuori dalla cucina e che i ristoratore si era solamente attenuto alle istruzioni presenti in etichetta e indicate dal produttore.
Adesso l’ultima parola spetterà al giudice Beatrice Alesci: la sentenza è prevista per il prossimo 23 febbraio.