Fin dal giorno in cui due famiglie sono andate a vivere nella medesima caverna, i vicini di casa si stanno sui maroni.
Non c’è bisogno di evocare la famosa riunione di condominio di fantozziana memoria in cui gli inquilini si spaccavano le sedie sulla schiena.
Basta aver partecipato a una qualsiasi di queste sedute grondanti odio: il cane della De Imbellis caga sul marciapiede; i coniugi Chiavari fanno l’amore a volume troppo alto; quella malnata della Valdifass sbatte la tovaglia sulle mie lenzuola stese; i ragazzotti del primo piano si drogano e sentono Gigi d’Alessio a manetta.
Ma ora il match ha raggiunto un livello più alto, direi quasi sublime: a causa di una lite condominiale finita in tribunale, la Corte di Cassazione ha certificato l’esistenza di un nuovo reato, “il fritto doloso”.
Tutto è partito come capita spesso: condomini imbufaliti con quelli del terzo piano che friggono a qualsiasi ora del giorno e della sera producendo una puzza intollerabile.
Li richiamano: quelli niente, friggono. Li minacciano: niente, friggono ancora. Li denunciano: non importa, melanzane, sugo, soffritto, milanesi come se non ci fosse un domani.
I condomini vincono in primo grado, in secondo e pochi giorni fa persino in Cassazione: molestare gli altri con la puzza di fritto è assimilabile al “getto pericoloso di cose” (qui la sentenza riportata dal Sole 24 Ore).
Una sentenza che fa tremare il Paese più di quella sull’Italicum: il tessuto sociale –in Puglia come in Piemonte, in Calabria come in Emilia– è seriamente a rischio.