No, nessun punto extra se avete indovinato senza aprire l’articolo. Un recente rapporto redatto dall’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino (OIV, per gli amici) ha svelato che la produzione della delizia di Bacco ha di fatto raggiunto il suo livello più basso dall’ormai lontano 1962, e che la motivazione di tale notevolissima mutilazione produttiva sia anche e soprattutto da ricercare nelle “condizioni ambientali estreme“.
Chiaro, identificare nel cambiamento climatico l’unico responsabile di quanto visto fino a ora significherebbe forse peccare di ingenuità; che d’altro canto – come dice il saggio – le sfighe non vengono mai da sole. È tuttavia fattuale che la maggior parte delle zone atte a viticoltura sia a oggi palesemente minacciata dall’imperversare della congiuntura climatica avversa – il 70% delle aree di cui sopra, stando a uno studio dell’Università di Bordeaux, si trova in condizione di rischio -, e che tali condizioni abbiano colpito anche e soprattutto le principali regioni produttrici. Italia in primis, naturalmente.
Produzione di vino e record negativi: a chi la maglia nera?
Partiamo con il valutare qualche numero, dunque: nel solo contesto europeo si stima che la produzione di vino sia diminuita del 10% nel corso del 2023, arenandosi così a livello del secondo volume produttivo più basso registrato dall’inizio del secolo. Il nostro caro e vecchio Stivale, alle prese con la morsa della siccità prima e la peronospora poi, ha fatto registrare un calo di produttività del 23%, mettendo a segno il volume complessivo più basso dal 1950.
Tutt’altro che uno scoop, diranno i nostri lettori più cinici (o più informati: che d’altro canto si potrebbe sostenere che il passo sia breve), e a buona ragione: basti volgere lo sguardo verso l’ultima e sfortunata stagione del vigneto Italia, mutilata dalla congiuntura climatica avversa e soprattutto dall’imperversare della peronospora. “Il 2023 è uno degli anni peggiori di sempre per il vino italiano” titolavamo durante sotto il sole di agosto; e “La vendemmia 2023 è ancora peggio del previsto, che ci crediate o no” riproponevamo qualche mese più tardi, al primo di dicembre, quando le stime produttive si erano finalmente attestate su di valori evidentemente più attendibili (e, l’avrete intuito, più tristi).
Naturalmente il Bel Paese non è solo. La Germania ha registrato un calo del 3,8%, l’Ungheria del 2,1% e l’Austria del 6,5%; mentre la Spagna ha messo a segno una produzione in calo di oltre il 20% rispetto al 2022 e del 25,7% inferiore alla media quinquennale. A questo calo diffuso e pervasivo della produzione di vino, poi, si accompagna una altrettanto importante contrazione dei consumi, a sua volta determinata dal forte restringimento del potere di acquisto nel corso dell’ultimo biennio. D’altro canto, quando i beni più basici e fondamentali hanno aumentato considerevolmente il loro prezzo, condannando il portafoglio a una condizione di involontario sottopeso, l’acquisto di vino scivola pericolosamente verso il basso nella lista delle priorità.