La produzione di pesche è in calo (-10%): colpa dell’alluvione in Romagna e della grandine

La produzione italiana di pesche diminuisce di circa il 10%, in controtendenza rispetto al resto d'Europa.

La produzione di pesche è in calo (-10%): colpa dell’alluvione in Romagna e della grandine

C’è chi scende e c’è chi sale. No, niente machiavellico mondo a scale: ci stiamo più banalmente riferendo alla produzione europea di pesche. Se l’offerta complessiva del blocco comunitario sta infatti segnando un netto aumento su base annua – “circa 3,4 milioni di tonnellate [per l’anno in corso], in aumento del 14% rispetto ai tre milioni di tonnellate del 2022”, si legge nel più recente rapporto Ismea basato sulle stime del Centro Servizi Ortofrutticoli (Cso) -, l’Italia va in controtendenza e subisce una flessione di circa il 10% rispetto all’anno precedente e di circa il 30% rispetto ai dati medi degli ultimi cinque anni.

Produzione di pesche in calo: quali sono le cause?

grandine

È francamente difficile accontentarsi di puntare il dito contro un solo “colpevole”: la stessa lettura proposta dal rapporto individua cause frammentate e comunque congruenti tra loro. Quella evidentemente più appariscente è la grave alluvione che la scorsa primavera ha travolto la Romagna: come già vi raccontammo a tempo debito, il fango e l’acqua e le frane avrebbero coinvolto addirittura il 90% della produzione regionale di pesche e nettarine.

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In questo contesto, si legge nel rapporto Ismea, “non è da escludere che, considerate le tendenze alla riduzione delle superfici destinate a pesche e nettarine registratesi negli ultimi anni i produttori colpiti possano optare per colture alternative”, considerando anche che gli alberi da frutto sarebbero da ripiantare. Una migrazione verso altre colture, in altre parole, che essenzialmente e inevitabilmente lascia mutilata la mole produttiva.

Oltre ai danni dell’alluvione non sono da sottovalutare le conseguenze delle gelate precoci e, più recentemente, delle forti grandinate e tempeste che si sono abbattute nelle regioni del Nord Italia; ma il rapporto redatto da Ismea non manca anche di sottolineare la complicità di un sistema produttivo estremamente frammentato che soffre particolarmente la concorrenza di altri paesi.

Vien da sé che, considerando l’ormai evidente calo della produzione e la spiccata popolarità della categoria in questione (le pesche occupano il terzo posto complessivo nella classifica dei consumi, subito dietro a mele e banane), le dinamiche dei flussi di importazione ed esportazione andranno a modificarsi di conseguenza. “I flussi di prodotto in entrata nel nostro Paese sono attesi in aumento rispetto al 2022, e sono stimati in circa 100 milioni di kg” si legge a tal proposito nel rapporto Ismea.

Al contempo, l’export di pesche dovrebbe naturalmente andare a subire “un brusco calo rispetto al 2022 e attestarsi su livelli ben inferiori ai 125 milioni di kg, dato medio del periodo 2018-2022”.