Il ritrovamento dell’affresco raffigurante una pizza, negli scavi di Pompei, sta facendo un gran parlare: si tratta di una cosa eccezionale, un pezzo di vita che dopo oltre duemila anni ci parla molto da vicino. E la comunità partenopea ha festeggiato come non mai, compreso l’onnipresente Gino Sorbillo che si è immediatamente fiondato a creare una pizza a tema. Rivalsa di Napoli e della mediterraneità insomma. Peccato che a noi, questa pizza di Pompei, sembra molto ma molto somigliante a quella di Carlo Cracco più che a quella napoletana.
E la cosa fa molto ridere, perché il punto è che la pizza Margherita di Carlo Cracco (in ottagono Galleria a Milano, con lo chef che è vicentino) è stata demonizzata e sfottuta in ogni modo possibile e trattata come un’offesa alla pizza stessa, all’italianità, alla classicità, alla storia. E si va a scoprire che ha azzeccato più lui dei napoletani stessi, quanto a fedeltà con l’antenata pompeiana.
Pompei e Cracco a confronto
Prima che ci si infervori, sappiamo bene che il ritratto in questione rappresenti solo una somiglianza con la pizza odierna: di fatto sembra essere un pane appiattito e condito con molti ingredienti. Di certo, gli ingredienti non possono essere né pomodoro né mozzarella, visto che sono entrati solo recentemente nella nostra alimentazione. Tuttavia, a colpo d’occhio si può intendere così:
- di dimensioni contenute;
- con formaggio filante e pomodorini;
- bordi belli gonfi e tondi, molto cotti
- un aspetto contemporaneo, quello delle pizze “gourmet”
Esattamente come la pizza dello scandalo che ha fatto parlare di Carlo Cracco per mesi e mesi in tutta Italia. E non lo abbiamo pensato solamente noi, gira infatti anche sui social network il confronto: per esempio, la pagina su Facebook “Circumvesuviana. Guida alle soppressioni e ai misteri irrisolti” è tra i primi canali ad aver lanciato la provocazione.
L’occhio degli esperti ha invece individuato nell’immagine spezie e frutta come la melagrana e i datteri e le noci, nonché avanzato l’ipotesi che la base possa essere un piatto di terracotta e non pane.
A Napoli le origini della pizza con ananas
Sarà forse per questo che Gino Sorbillo ha replicato la “pizza Pompei” scegliendo ingredienti plausibili per l’epoca: melagrana appunto, alici, ortaggi e colatura di alici (che è l’evoluzione del garum, condimento antichissimo). Quindi non c’è stata alcuna esitazione a miscelare dolce e salato, sul pane lievitato: e pensare che siamo sempre pronti ad abbattere prepotentemente tradizioni come la pizza con l’ananas.
Sì perché è considerata una schifezza americana, quando invece racconta un accostamento a contrasto interessante, e soprattutto simile all’alimentazione degli antichi romani (che miscelavano senza problemi dolcezza e salinità) – nonché simile a molte pizze nostre come la gorgonzola e mele o quella con i fichi. E fa ridere anche questa cosa, perché la nostra prepotenza ci spingerà – ci scommetto – a vantare i natali anche di cose che fino a un minuto fa condannavamo.