Diffidate di definire questa notizia “inaspettata”, perché significherebbe una di due cose – una banale, e a tratti forse scontata, malafede; o una più torbida mancanza di corretta informazione sull’argomento. La peste suina africana continua a imperversare nelle regioni del Nord Italia con il primo caso segnalato nel territorio regionale dell‘Emilia Romagna: così come è stato per la vicina Lombardia – e in decine di altri casi, per il nostro Stivale e per il resto del mondo – l’infezione è stata individuata dalle autorità sanitarie analizzando la carcassa di un cinghiale, risultata per l’appunto positiva al morbo, in alta Valtrebbia, nel Piacentino.
Tutt’altro che sorprendente, dicevamo: la gestione della crisi, come abbiamo avuto modo di raccontarvi grazie alle anticipazioni di Report, presenta buchi importanti e più o meno maliziosi, che spaziano da un evidente ritardo nell’installazione delle recinzioni atte a contenere gli spostamenti della fauna selvatica alla discutibile decisione del Governo di ricorrere alla caccia come soluzione; buchi che pare siano arrivati ad alimentare un mercato redditizio – quello degli abbattimenti.
Peste suina africana in Emilia Romagna: tutto quel che c’è da sapere
I tempi ci sembrano maturi per ribadire, ancora una volta e a scampo di allarmismi, che la peste suina africana – come d’altro canto suggerisce il suo stesso nome – è di fatto un virus del tutto innocuo per l’essere umano. Si tratta, tuttavia, di un morbo estremamente contagioso nei maiali domestici e nei cinghiali – un virus dal palato fine, se vogliamo -, in grado di portare con facilità alla morte.
Gli allarmi più rumorosi provengono dalla filiera degli allevamenti: la penetrazione della peste suina africana in una struttura di questo tipo, infatti, comporterebbe la macellazione dell’intero allevamento. Una realtà che, a onore del vero, dovrebbe innescare fior di dubbi sulla effettiva sostenibilità di una filiera che per sopravvivere necessita di mutilarsi in questa maniera; e ancora di più, dando un’occhiata ai numeri (la Lombardia, già colpita, vanta 50% del totale dei capi presenti sul territorio italiano), sulle condizioni di vita degli animali tenuti in queste fabbriche di morte.
Ma torniamo a noi – la peste suina africana in Emilia Romagna, dicevamo. La carcassa di cinghiale, poi rivelatasi infetta, è di fatto stata segnalata alle autorità sanitarie da un gruppo di escursionisti in gita in Valboreca, e più precisamente lungo il sentiero del postino nel territorio comunale di Ottone. Al momento non ci sono ancora segnalazioni di casi negli allevamenti: se la storia è tuttavia maestra – e spesso, dolorosamente, lo è -, ci viene da pensare che non sia che questione di tempo.