C’è chi potrebbe sostenere che la cosiddetta “cattiva pubblicità”, di fatto, non esiste – l’importante è raggiungere l’obiettivo di fare parlare di sé; e in questo una scelta azzardata, se non addirittura controversa, sovente si rivela diabolicamente efficace. L’avrete già intuito (o avrete letto il titolo, ecco): ci stiamo riferendo al più recente spot di Esselunga, dal titolo “La pesca“, che sta sollevando un piccolo grande polverone.
Sospendiamo, almeno per un momento, il giudizio etico o morale; e concentriamoci piuttosto sul contenuto: “La pesca” è uno spot dalla durata di un paio di minuti che ci racconta di una bambina figlia di genitori separati. Durante una “gita” al supermercato – supermercato Esselunga, si capisce – con la madre, la piccola si allontana per scegliere con particolare attenzione una pesca. Più tardi, quando la nostra protagonista si trova in macchina con il papà, gliela regala raccontandogli che sia stata la mamma a prendere la pesca per lui.
La pesca di Esselunga, o il frutto che sta dividendo l’internet
La famiglia della piccola Emma – questo il nome della bambina in questione – si discosta volutamente da quella più tradizionalmente propria degli spazi pubblicitari: genitori sorridenti, innamorati, spensierati e insopportabilmente pettinati già di prima mattina – la cosiddetta famiglia del Mulino Bianco, tanto per intenderci. Da qui il messaggio attorno al quale è stato costruito lo spot: “Non c’è una spesa che non sia importante”.
Quella pensata dai pubblicitari di Esselunga è una famiglia separata, per l’appunto. La madre e il padre non si sorridono, non si rivolgono la parola, non appaiono mai all’interno della stessa inquadratura: la loro comunicazione si risolve in uno sguardo alla finestra. In una scena Emma è in macchina con la madre, e dal finestrino spia con occhio malinconico un bambino che gioca con i genitori – primo sintomo che ci fa intuire la separazione e che, oltre a fungere da espediente narrativo, ci coinvolge emotivamente alla vicenda de La pesca.
Ecco, che coinvolge “un po’ troppo”, secondo alcune frange del popolo internettiano. La pesca di Esselunga è “una strumentalizzazione” delle emozioni di una bambina celebrando, al contempo, la struttura della famiglia tradizionale. L’altra fazione, al contrario, ha apprezzato il “coraggio di affrontare il divorzio dal punto di vista dei bambini”. Il campo di battaglia, come sovente capita nelle dispute di questo genere, sono gli spazi digitali di Twitter, dove nel frattempo l’hashtag “Esselunga” è schizzato alle stelle nelle tendenze del social. Com’era la questione sulla cattiva pubblicità?