La pesca “Bella” di Borgo d’Ale è diventata Presidio Slow Food

La pesca "Bella" di Borgo d'Ale, piccolo comune incastonato tra le colline della provincia di Vercelli, è un nuovo Presidio Slow Food.

La pesca “Bella” di Borgo d’Ale è diventata Presidio Slow Food

Il nuovo Presidio Slow Food arriva dalle colline dell’alto Piemonte, a una manciata di chilometri dall’arco alpino e circondate da fiumi e laghi: si tratta della pesca “Bella” di Borgo d’Ale, un comune con poco più di duemila abitanti incastonato nel territorio della provincia di Vercelli. La pesca “Bella” porta un nome importante, che “è tutto un programma” come si suol dire: è un frutto dalla forma tondeggiante, con pezzatura di dimensioni medio o grandi, che si distingue per profumo e aroma particolarmente generosi. La buccia, avvolta dalla caratteristica e tenue peluria della pesca, ha un colore di fondo verde con venature chiare e biancastre con sovracolore compreso tra il rosso e il rosato, mentre la polpa è bianca con sfumature più o meno intense di color rossastro in prossimità del nocciolo.

La pesca “Bella” di Borgo d’Ale: le curiosità sul nuovo Presidio Slow Food

Se come accennato Borgo d’Ale è considerabile come la “capitale” della pesca “Bella”, è bene notare che la sua produzione non è confinata al territorio comunale: i frutteti profumati si estendono infatti anche nei Comuni di Alice Castello, Cigliano e Moncrivello (anch’essi inclusi nella provincia di Vercelli),  Viverone (Biella), Cossano Canavese e Maglione (Torino).

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Come di consueto per una produzione che diventa Presidio Slow Food, anche la pesca “Bella” vanta una storia con radici profonde e parzialmente dimenticate nella frenesia della grammatica agricola moderna: l’inizio della coltivazione della pesca nella piana di Borgo d’Ale risale infatti all’inizio del secolo scorso, con ogni probabilità per iniziativa di alcuni borgodalesi di rientro dall’America con sementi d’oltreoceano.

Si trattò di un’avventura destinata alla cattiva sorte, ma che tuttavia permise di costruire le basi per altri esperimenti, avvenuti nei decenni successivi, che si prestarono alla coltura con un atteggiamento più professionale strappando così risultati più promettenti. Le fonti locali raccontano che, nel 1930, erano già più di cento gli ettari di terra impiantati a pescheti attorno al borgo.

Per cinquant’anni la storia di Borgo d’Ale rimase così legata a doppio filo con lo sviluppo della peschicoltura, con tante varietà coltivate, tra cui la “Bella”: a metà degli anni Settanta degli oltre 100mila quintali di pesche, circa il 10% era costituito da questa varietà. Se è pur vero che la coltivazione delle pesche ricopre tuttora un ruolo di rilievo, la nostra protagonista è andata pressoché perduta, surclassata da varietà di pezzatura maggiore e più adatte al mercato.

Nel 2015, le piante di pesca “Bella” erano appena una ventina, tutte con almeno quattro decenni di attività sul groppone. “Il recupero della varietà è cominciato nel 2016” ricorda Paolo Caldera, referente degli otto produttori già parte del Presidio Slow Food. “Dalle pochissime piante rimaste, presenti perlopiù nei frutteti di anziani contadini, abbiamo recuperato il materiale per dare avvio alla propagazione”.

Forte già di una presenza nell‘Arca del Gusto di Slow Food, a oggi la pesca “Bella” vanta cinquecento piante. “Per il pesco occorrono tre anni per arrivare a produzione” ha continuato Caldera “e nei primi tempi il raccolto era appena sufficiente per l’autoconsumo, così il 2022 è stato il primo vero anno di produzione”. E il futuro, come si suol dire, è in discesa: l’idea è quella di allargare il progetto a comprendere la produzione di composte, confetture e succhi.