Sbattere i piedi affinché la bistecca di tofu non potesse chiamarsi “bistecca” non ha portato i risultati sperati, a quanto pare. Il concetto alla base del cosiddetto meat sounding è semplice – non è giusto, tanto per fare un esempio, che la bresaola di seitan si possa chiamare “bresaola”: che le alternative vegetali si trovino un nome di battesimo tutto loro! La battaglia, i nostri lettori più attenti lo ricorderanno, fu originariamente innescata dalla Lega, che la promosse sotto il sempreverde vessillo della tutela al consumatore.
Ve la facciamo breve: in poche parole, la Lega temeva che i consumatori potessero essere “indotti a credere che il prodotto a base vegetale abbia un esatto equivalente nutrizionale (e magari che lo stesso sia stato lavorato con le medesime tecniche e cure tradizionali dell’arte salumiera) del prodotto a base di carne”. Seguirono sette articoli per declinare il meat sounding, con tanto di sanzioni, poi dovutamente infilati nella legge contro la produzione e commercializzazione della carne coltivata. Ora, però, spuntano i dissapori: a chiedere di cancellare il divieto sul meat sounding è la stessa industria agroalimentare italiana.
Le critiche alla legge sul meat sounding
A muoversi è stata anche e soprattutto Unione Italiana Food, associazione di Confindustria che riunisce 550 aziende dell’industria agroalimentare: nelle ultime ore avrebbe infatti inviato un parere sulla legge che, come accennato, vieta la produzione di carne coltivato sottolineandone alcune storture e richiedendo l’eliminazione della parte che fondamentalmente vieta – e istituisce – il meat sounding.
La lettura dell’associazione è chiara, e non lascia spazio al dubbio: non c’è alcun rischio che i prodotti alimentari a base vegetale, etichettati secondo la regolamentazione europea, possano confondere i consumatori – con buona pace della premura mostrata dalla Lega, a quanto pare.
È per di più bene notare che l’Unione Italiana Food non l’unica realtà ad avere sollevato qualche dubbio sulla cosiddetta legge sul meat sounding: l’Associazione Luca Coscioni, attiva nella promozione sociale, ha avviato delle analisi dal punto di vista giuridico concludendo che l’Italia, approvando una legge prima di sottoporla al vaglio della Commissione Ue, avrebbe violato il diritto dell’Unione Europea.
Punti decisamente pruriginosi che, come potrete immaginare, non sono certo sfuggiti alle autorità di settore del nostro caro e vecchio Stivale. È stato piuttosto cauto e ragionevole, ad esempio, il ministro Agricoltura Francesco Lollobrigida, che ha riconosciuto come il divieto di meat sounding non vada a incidere “sull’intera legge, ma sul singolo articolo e quindi discuteremo anche di questo. Se da questo punto di vista fosse un problema, potremmo fare una valutazione”.
Nettamente più caustica, invece, la riposta del vicepresidente del Senato Gian Marco Centinaio: “Spero che il divieto resti” ha commentato. “Serve un po’ di fantasia, Unionfood cominci a pensare a dei nomi alternativi”.