Il vessillo in Rosso della Guida Michelin si alza una volta l’anno, e non è certo necessario essere gastrofregni per esserne al corrente. Ogni momento, però, è buono per parlare dei (e con) i protagonisti: gli chef, per l’appunto. Meglio quando sono lontani dal loro ambiente naturale.
Insomma, inutile girarci attorno. I nostri lettori che hanno avuto la (s?)fortuna di lavorare nel mondo della ristorazione, e più precisamente ai fornelli, potranno confermare: il lavoro è faticoso, spesso frenetico, a tratti pericoloso, sempre movimentato.
L’aria che si respira, poi, è sempre occupata: dall’elettricità della fretta, com’è ovvio, ma anche e soprattutto da espressioni più o meno colorate che non di rado interpellano direttamente il Capo. Sapete, quello che abita al piano di sopra. Ecco, la scelta dell’account Instagram della Michelin è dunque coraggiosa: chiedere ad alcuni chef italiani qual è la parola più comune nella loro cucina. Prendetela come un termometro di onestà.
Da Bottura a Cannavacciuolo
L’esordio è affidato a Massimo Bottura. La domanda è posta, c’è qualche secondo di silenzio. Il nostro tiene la testa bassa, lo sguardo a scrutare il pavimento. Poi l’intuizione: “Marcia! Marcia! Marcia!”, con tanto di dito a dare il ritmo. L’intervistatrice ride, forse di sollievo. Sigla.
Jessica Rosval, chef de Al Gatto a Verde di Modena, una stella Michelin conquistata appena una manciata di settimane fa, segue quella che evidentemente è la matrice del feudo Botturiano: “Via?” dice, ridendo. “Via!”. Poi Giancarlo Perbellini: “La parola più italiana è passione, passione, passione!”. Non lo mettiamo in dubbio: ma suvvia, non faccia il ruffiano. O non avrà capito la consegna?
Matteo Temperini del Rosewood Castiglion del Bosco ci regala un’assaggio di tannica sincerità: “Non si può dire”, spiega sorridendo. Vincenzo Manicone del Tancredi di Sirmione si fa invece più pensieroso: “Mmh… Preciso, forse”. Anche Jacopo Chieppa, a sua volta “neostellato” con il suo Equilibrio, coglie l’occasione per fare della filosofia: “La parola che uso di più secondo me è ossessione”.
Fabrizio Mellino del Quattro Passi di Nerano, tre stelle Michelin, è invece asciutto al punto da essere lapidario: “Marcia!” Poi un attimo, ma proprio un attimino, di riflessione: “O menu degustazione“. Ah, la legge dei grandi numeri. Chiude Antonino Cannavacciuolo: “La parola italiana che uso più spesso nella mia cucina è generosità”.