I legislatori della Florida stanno lavorando per vietare – e criminalizzare, che d’altronde quando si parla di cibo coltivato le due cose vanno spesso mano nelle mano – la produzione e la vendita di carne coltivata in tutto lo stato. Una domanda ci sorge spontanea: come la prenderà il ministro Lollobrigida? Sarà lusingato che la sua crociata abbia guadagnato nuovi proseliti, o diversamente risentito per non poter più definire “italianissimo” il suo “no” alla carne coltivata?
Si scherza, beninteso – la risposta giusta è senza ombra di dubbio la prima opzione. Così, mentre tra le fila europee comincia a farsi strada lo zoccolo duro dell’ostruzionismo con lo Stivale come capofila assoluto nell’opposizione alla carne coltivata, l’argomento si fa controverso anche dall’altra parte dell’Oceano. Sono più che eloquenti, per significato e per scelta di parole, le dichiarazioni di Ron DeSantis, governatore della Florida: “Niente carne finta”.
Lo stato della carne coltivata negli Stati Uniti
Vorremmo che non ci fosse bisogno di spiegarlo, ma è bene ricordare che la carne coltivata viene, come d’altro canto suggerisce il nome, coltivata in laboratorio a partire da un campione di cellule animali che non richiede la macellazione degli stessi. In altre parole – e le parole, specie quando si parla alla pancia, sono importanti – non si tratta di carne “finta” o, secondo la nomenclatura coldirettiana, “sintetica”.
Vale poi la pena notare che si tratta di un settore che, nella fattispecie statunitense, è sottoposto a una forte upervisione sia da parte della Food and Drug Administration (FDA) che del Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti (USDA); con appena due società – Good Meat e Upside Food, come vi raccontammo a tempo debito – che hanno ricevuto il pollice in su da parte delle autorità governative e sanitarie a stelle e strisce per debuttare nel mercato locale.
In questo senso gli amici d’Oltreoceano si piazzano già in una posizione di estremo vantaggio rispetto all’Italia, che invece ha fondamentalmente ucciso la propria filiera della carne coltivata (una filiera di potenziale eccellenza, badate bene, che avrebbe potuto rappresentare il tanto caro Made in Italy anche come pioniere dell’innovazione) prima ancora che potesse muovere i primi passi.
Questo, come accennato in apertura di articolo, non significa però che non ci sia un fronte di opposizione. La Florida, dicevamo, sta valutando l’introduzione di due progetti di legge – HB 1071 e SB 1084 – per vietare la carne coltivata: tra le file dei propositori del divieto c’è chi addita il sempreverde spauracchio dei rischi per la salute – ignorando, evidentemente, le analisi della FDA – e chi, più limpidamente, ammette di voler sbarrare la strada alla carne coltivata per proteggere gli allevamenti locali.
“L’agricoltura e il bestiame sono industrie incredibilmente importanti per la Florida” ha spiegato a tal proposito Tyler Sirois, repubblicano e deputato dello stato in questione. “Quindi penso che questa sia una discussione molto rilevante per il nostro Stato”. Sirois, è bene notarlo, si è poi assicurato di sottolineare come, a suo parere, la carne coltivata sia “un affronto a Madre Natura e alla nazione”. Gli orrori degli allevamenti intensivi, invece, sono evidentemente ben inscritti nei valori naturali e nazionali.