La crisi del vino è peggio di quel che pensavamo: i dati del primo semestre

Si beve (e si compra) sempre meno vino, tanto che è possibile parlare di "crisi". Ma quali sono le motivazioni e i numeri che la definiscono?

La crisi del vino è peggio di quel che pensavamo: i dati del primo semestre

Intendiamoci: i segni in rosso non sono affatto una novità. Nello studiare la crisi del vino vi abbiamo raccontato delle contrazioni in export dei cugini d’Oltralpe; di come a Bordeaux si stiano estirpando migliaia di ettari di vigneti; o ancora di come negli Stati Uniti si beva sempre meno e a tratti non si beva affatto. Ma che succede se restringiamo lo sguardo al nostro solo Paese?

Il risultato è un mercato ancora fiacco. I primi sei mesi dell’anno, presi in analisi da Nomisma in collaborazione con NIQ-NielsenIQ, sono caratterizzati da un calo a volume di quasi il 3% rispetto allo stesso periodo 2023. E il valore? In crescita di poco meno dell’1%.

La crisi del vino in numeri

soldi

Uno sguardo dall’alto svela immediatamente una riduzione nelle quantità vendute comune a tutti i format distributivi, anche se non alle diverse categorie. Ad esempio, per quanto riguarda i vini fermi e frizzanti si registra un calo maggiore nell’e-commerce, mentre è meno accentuato nel contesto dei discount. Discorso inverso per gli spumanti, forti invece di una variazione di segno positivo in tutti i comparti. Ma cos’è che non sta funzionando?

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Potremmo dire che sono tendenzialmente due le direttrici che descrivono la più o meno recente parabola discendente dei consumi di vino. Da una parte la tendenza che vede il consumatore sempre più consapevole e attento, e che pertanto premia le declinazioni NoLodealcolatetanto antipatiche al ministro Lollobrigida (non ce ne vogliate: il bicchiere al giorno non fa bene, e lo dice la scienza).

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Dall’altra c’è l’ombra di una congiuntura economica negativa che ha portato gli acquisti di vino, e di alcolici in generale, a scivolare sempre più in basso nella scala delle priorità. Non a caso, e in maniera un po’ sorprendente, a reggere gli acquisti online di vino sono i Boomer: coloro che, tendenzialmente, hanno un portafoglio più sano. Ma torniamo a noi: non ci sono proprio segnali di ripresa?

Beh, qualcosa si muove. Soprattutto sui mercati esteri, di fatto. Se è vero che al giro di boa del primo semestre 2024 le importazioni cumulate di vino nei principali 12 mercati globali, rappresentativi di oltre il 60% degli acquisti mondiali di vino in valore, si mantengono ancora in territorio negativo (-4%), va segnalato un miglioramento rispetto al cumulato del primo trimestre (quando il calo risultava pari al -9%). E l’Italia, come vedremo tra poco, se la cava bene.

Su base annua si registra un miglioramento delle importazioni dal nostro Paese verso gli Stati Uniti (+5,7%), il Regno Unito (+4,7%) e il Canada (+1,3%); mentre soffrono in Germania (-9%) e nei paesi asiatici (Giappone, Cina e Corea del Sud).