La Commissione europea registra l’iniziativa popolare sulla carne coltivata: cosa significa?

Un'iniziativa italiana, già registrata dalla Commissione europea, propone di spostare i sussidi Ue dagli allevamenti intensivi alla produzione di alternative etiche, come la carne coltivata. Ma può funzionare?

La Commissione europea registra l’iniziativa popolare sulla carne coltivata: cosa significa?

Nella giornata di mercoledì 24 luglio la Commissione europea ha annunciato di avere registrato due iniziative da parte di cittadini europei, di cui una – di origine italiana, badate bene – che chiede la fine dell’allevamento animale e l’introduzione di maggiori incentivi per la produzione di proteine vegetali e carne coltivata. Ma che significa?

Ve lo spieghiamo noi. Partiamo dal presupposto che il diritto di iniziativa dei cittadini europei è uno strumento di partecipazione diretta alla politica dell’Unione europea introdotto con il Trattato di Lisbona del 2012. Una volta che una determinata iniziativa viene registrata formalmente dalle autorità competenti, si apre la possibilità per un milione di cittadini provenienti da almeno sette Stati membri di invitare la Commissione a proporre atti di carattere giuridico.

Naturalmente vien da sé che l’azione così proposta, per essere presa in considerazione e trovare uno sbocco concreto, deve soddisfare una serie di condizioni, la maggior parte delle quali si rifanno al principio del buon senso: per esempio non deve essere di natura “manifestamente abusiva, frivola o vessatoria”, o ancora “manifestamente contraria ai valori dell’unione”.

L’iniziativa italiana che spinge per le alternative al macello

allevamento

Stop Cruelty Stop Slaughter”, o “fermate la crudeltà fermate il macello”, è come accennato un’iniziativa italiana che chiede la riduzione del numero di animali da allevamento e la progressiva chiusura degli allevamenti e dei macelli, andando così a spostare i sussidi europei da questo settore (notoriamente ingenti) alla produzione di alternative etiche, dalle alternative vegetali alla carne coltivata.

Cibo per animali con carne coltivata: i cani e i gatti del Regno Unito fanno lezione all’UE Cibo per animali con carne coltivata: i cani e i gatti del Regno Unito fanno lezione all’UE

Il primo bersaglio della Commissione europea, spiegano i promotori dell’iniziativa, dovrebbero essere i famigerati allevamenti intensivi, “luoghi di sofferenza e sfruttamento degli animali” che, tra le altre cose, portano con sé il rischio di diffusione di nuove pandemie e problemi sanitari.

L’iniziativa è naturalmente legittima e i punti sollevati condivisibili, ma ci pare doveroso ricordare che proprio le autorità europee, solamente questa primavera, si sono “dimenticate” di includere gli allevamenti di bovini (i più inquinanti in assoluto) nelle nuove norme ambientali.

Al netto del nostro cinismo più o meno giustificato, è bene notare che la Commissione ha già affermato che le iniziative registrate soddisfano entrambe le condizioni formali stabilite dalla legislazione pertinente e sono quindi da considerare “legalmente ammissibili”.

Nel frattempo può essere interessante sottolineare come l’iniziativa in questione, per carattere e per contenuto, si ponga in una posizione diametralmente opposta a quella del governo (e a tratti già si sapeva: sondaggi recenti mostrano che più di un italiano su due proverebbe la carne coltivata), che invece, in maniera reazionaria e miope, ha ucciso sul nascere la filiera della carne coltivata. Filiera che di fatto avrebbe potuto rappresentare una potenziale eccellenza a livello internazionale, spingendo il tanto caro Made in Italy anche come pioniere dell’innovazione.