La Commissione europea fa chiarezza sul vino dealcolato

La Commissione europea ha rilasciato un documento di risposte e definizioni in materia di vino dealcolato: diamoci un'occhiata.

La Commissione europea fa chiarezza sul vino dealcolato

Il vino dealcolato (o le etichette a basso contenuto alcolico, a essere più generali) si sta profilando sempre più come una branca della vinificazione che ribolle di fertile crescita. Dall’altra parte delle Alpi, tanto per fare un esempio, si sta cominciando a valutare (seppur con l’opportuna cautela) le opportunità di una tale declinazione per le numerosi Dop francesi, studiando l’impatto della dealcolazione sulla qualità ma anche e soprattutto sulla territorialità dei vini.

Qualcosa bolle in pentola, in altre parole – tant’è che la stessa Commissione europea è di fatto intervenuta con una comunicazione specifica, pubblicata anche sulla Gazzetta Ufficiale Europea, ricca di chiarimenti in materia di vino dealcolato. Diamoci un’occhiata.

Dubbi e domande sul vino dealcolato: la risposta della Commissione europea

donne vino

Il documento esteso è stato redatto un po’ come una collezione esaustiva di risposte tecniche alle domande raccolte nel corso degli ultimi tempi dai servizi della Commissione europea; domande che di fatto sono state dovutamente discusse con esperti provenienti dagli stessi Stati membri. Numerosi gli argomenti toccati: si parla della possibilità di ricorrere alla miscelazione per ottenere vino parzialmente dealcolato, del divieto di dealcolare mosti di uve già arricchite e ancora di come stabilire il termine minimo di conservazione.

Vino dealcolato: Prova d’assaggio dello Steinbock Alcohol free Sparkling Vino dealcolato: Prova d’assaggio dello Steinbock Alcohol free Sparkling

Partiamo, come di consueto in questi casi, dal principio. Si legge nel primo punto: “l’eliminazione dell’etanolo nel prodotto vitivinicolo non deve essere effettuata in combinazione con un aumento del tenore di zuccheri nel mosto di uve”, fermo restando che “è responsabilità dei produttori di vino programmare la loro produzione ogni anno in risposta alla domanda del mercato”.

Per quanto invece concerne la possibilità di mettere in vendita del vino “parzialmente dealcolizzato”, è bene che vengano soddisfatte una serie di condizioni che comprendono “il mantenimento del tenore alcolico del prodotto finale a un livello superiore a 0,5% e inferiore a 8,5 % o 9%” e la presenza del termine “parzialmente dealcolizzato” in etichetta.

“Ai produttori italiani non conviene investire nel vino senz’alcol”, dice Lollobrigida. Ma non è vero “Ai produttori italiani non conviene investire nel vino senz’alcol”, dice Lollobrigida. Ma non è vero

“Quando una partita di vino totalmente dealcolizzato viene miscelata con una partita di vino non dealcolizzato” continua il documento “la bevanda alcolica risultante potrebbe essere chiamata ‘vino’ se il suo tenore alcolico è pari o superiore a 8,5-9 %, in quanto ciò potrebbe essere considerato come miscelazione o ‘taglio’. Se invece il tenore alcolico della bevanda ottenuta è inferiore a 8,5-9 %, la bevanda non può essere chiamata ‘vino’ perché non si raggiunge il tenore alcolico minimo per il vino. Non può nemmeno essere chiamata ‘vino parzialmente dealcolizzato’ in quanto la riduzione del tenore alcolico è dovuta alla miscelazione e non a un processo di dealcolizzazione parziale”.

Particolare attenzione è stata impiegata nel ribadire l’impossibilità di dealcolare gli spumanti, mentre è stata chiarita la facoltà di indicare in etichetta l’annata o il nome della varietà, laddove vengano soddisfatte le condizioni necessarie.

È per di più bene notare che le disposizioni vigenti non vietano, di fatto, l’impiego di denominazioni di vendita supplementari in etichetta, come “vino analcolico”; mentre ai produttori di Dop e Igp è stato chiarito che, qualora questi desiderino produrre vino parzialmente dealcolato, è prima necessario che tale possibilità venga prevista nei rispettivi disciplinari produttivi.