La centrale di Fukushima rilascerà le acque reflue nel Pacifico, e la Cina insorge

Il dado è tratto: il Giappone rilascerà le acque reflue radioattive di Fukushima nell'Oceano Pacifico. Gli altri Paesi asiatici protestano.

La centrale di Fukushima rilascerà le acque reflue nel Pacifico, e la Cina insorge

Cerchiamo di farvela semplice – il governo giapponese rilascerà, con partenza nella giornata di giovedì 24 agosto, le acque reflue radioattive provenienti dalla centrale nucleare di Fukushima nell’Oceano Pacifico. Una frase semplice di poche parole che tuttavia, in alcuni di voi, potrebbe destare un certo (e legittimo, in certi sensi) allarmismo: ma come, acque radioattive in mare? Facile cadere vittime della preoccupazione, in situazione del genere; ma è bene notare che il piano nipponico è di fatto stato approvato dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA), l’organismo incaricato del controllo nucleare delle Nazioni Unite, che ha riconosciuto il pieno rispetto degli standard di sicurezza descrivendo l’impatto radiologico dell’operazione come “trascurabile su persone e ambiente”. Non manca, naturalmente, chi è di altro parere.

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pescatori

Facciamo un piccolo passo indietro – il piano di versare le acque reflue trattate dalla centrale di Fukushima (la stessa, senz’altro ricorderete, rimasta gravemente danneggiata nell’ormai lontano 2011) risale al 2021, quando l’allora premier giapponese Yoshihide Suga la definì come la “migliore opzione di smaltimento disponibile”. La questione, considerata la sua particolare e delicata natura, è naturalmente diventata una spina nel fianco per le autorità del Paese del Sol Levante.

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A opporsi non sono solamente i Paesi vicini – Cina, Hong Kong e Corea del Sud in primis -, evidentemente preoccupati dell’impatto sanitario e ambientale dell’operazione, ma anche gli stessi pescatori giapponesi, che temono un restringimento radicale del proprio giro di affari. D’altro canto, è ormai ora di agire: i serbatoi di raccoglimento di Fukushima hanno raggiunto il 98% della propria capacità, e necessitano di essere svuotati urgentemente.

Il rilascio delle acque reflue di Fukushima nel Pacifico durerebbe circa trent’anni, e verrà seguito attentamente dall’AIEA. Nonostante tale rassicurazione, il resto del blocco asiatico continua a fare muro: la Cina ha già vietato le importazioni alimentari da 10 prefetture giapponesi, la Corea del Sud ha diramato un divieto di importazione di prodotti ittici pescati al largo di Fukushima e Hong Kong sta valutando di mettere al bando i prodotti ittici nipponici.

La “guerra” della Cina si muove anche per via mediatica: il governo di Pechino non ha esitato ad accusare i “colleghi” giapponesi di trattare il Pacifico “come una fogna” e ha invitato i cittadini a boicottare i prodotti nipponici. A Seoul, nel frattempo, le proteste sono sfociate in un corteo per le vie della capitale: il coro dei manifestanti, ironico e accusatorio, invita al Giappone di usare l’acqua di Fukushima per l’agricoltura o nell’industria.