Gallinacei al forno negli anni settanta, panna negli anni ottanta, impiattamenti a torretta negli anni novanta, cucina molecolare e nordica nei primi decenni del nuovo millennio: forse la tendenza gastronomica per cui il secondo decennio dei duemila verrà ricordato sarà per gli italiani che danno in escandescenze per la carbonara. Non se ne esce, che ci si metta qualche grande chef con tecnica perfetta o accademici con ricostruzioni storiche sostenute da prove documentate (argomento che non approfondirò oltre perché non voglio ricevere minacce e contumelie), le discussioni prendono sempre una piega tutt’altro che amichevole, e nel mondo della comunicazione globalizzata dai social anche il resto del mondo ha ormai preso della cosa, dedicandoci sfottò che non prendiamo certo con sportività. Ci mancava giusto Heinz con la sua carbonara in lattina ad alimentare questa stucchevole permalosità.
Le reazioni scomposte
All’annuncio del nuovo prodotto, diverse testate si sono mosse in cerca di un parere autorevole. Ma a chi chiedere un’opinione lucida ed equilibrata, lontana dai facili populismi sulla tradizione e l’italianità? Ma a Gianfranco Vissani, e chi altri?
Il cuoco umbro, prevedibilmente non le manda a dire: “vergogna”, “gli americani non hanno grande cultura della pasta”, “un attacco al made in Italy”, “si dimentica la qualità”. Un repertorio che sembra preso direttamente dal paroliere di Lollobrigida o Coldiretti, in cui almeno si specifica che “ “Non è un attacco alle novità e alle innovazioni”. E meno male.
Cosa ci si aspettava?
Anche perché un prodotto del genere non è né una novità né un’innovazione. Era il 1965 quando Donald Goerke, dirigente del settore marketing della Campbell’s (quella della zuppa resa immortale da Andy Warhol), si inventò gli “SpaghettiOs”, pasta al pomodoro -anelli, non pasta lunga- il cui obiettivo era molto chiaro: dare ai consumatori americani un piatto caldo col minore sbattimento possibile, meglio se al prezzo più basso e, da allora, le ambizioni di questi prodotti non sono certo aumentate. Con quali nuovi mezzi si starebbe quindi “attaccando il made in Italy”? La qualità non è stata dimenticata, semplicemente non è stata nemmeno contemplata, visto che si parla di un prodotto che uscirà a due sterline al pezzo, per cui lo spazio per prodotti DOP è decisamente risicato. Eppure in questi quasi sessant’anni di storia dei primi in lattina non ho mai visto levate di scudi se non ora, per la carbonara. Mah.
Perché proprio Heinz?
Sul lignaggio della carbonara, e sul fatto che sia un piatto la cui origine sia più americana che italiana o quanto meno equamente ripartita, sono stati scritti libri e prodotti podcast e avevo promesso di tenermi bene alla larga dall’argomento. Manterrò la promessa, ma è indubbio che l’intransigenza degli italiani nei confronti di questi insulti alla tradizione e alla cultura gastronomica italiana valga solo verso l’estero.
Perché prodotti analoghi nel nostro paese ce ne sono eccome, e dando un’occhiata agli ingredienti delle prime due referenze in cui ci siamo imbattuti con una ricerca rapidissima, sembra di leggere un decalogo di tutto ciò contro cui i gli esegeti della tradizione combattono: panna in abbondanza, bacon, generici riferimenti a “formaggi”, affumicature posticce, cipolle, spezie… se si analizzassero queste etichette “alla cieca” senza sapere a quale marchio appartengono, forse Heinz non uscirebbe così criticata.