A oggi pare ormai scontato che il futuro del mondo del vino, così come quello del settore agrario se vogliamo adattare un punto di vista più generale, passi obbligatoriamente attraverso una sola e inequivocabile parola: adattarsi. Adattarsi, sì: raccogliere la sfida più caratteristica dei nostri tempi, e ossia quella mortale e al contempo sottovalutata del cambiamento climatico: una sfida subdola, che si sta già manifestando con condizioni climatiche sempre più esacerbate in violenza, intensità e durata – dal lungo argo siccitoso che ha accompagnato il nostro caro e vecchio Stivale fino alla scorsa primavera fino agli acquazzoni, alle bombe d’acqua, alle alluvioni sempre più forti – e che sta finendo per mutilare raccolti e produzioni dell’intero sistema primario.
Uno degli esempi più recenti, ormai abbondantemente affrontato anche su queste pagine, è quello della vendemmia. Annata tragica, che passerà inevitabilmente alla storia come una delle peggiori di sempre per quanto concerne il vino italiano (almeno, è bene notarlo, a livello quantitativo) anche e soprattutto a causa della massiccia presenza della peronospora, che in diverse zone d’Italia ha letteralmente decimato le rese. Adattarsi, dunque: e c’è già chi, per fortuna, ha saputo indovinare l’effettiva urgenza di questa parola.
“Vendemmia digitale” contro il cambiamento climatico: il caso di Cavit
Cavit è un consorzio che riunisce undici cantine del territorio trentino collegate a oltre cinque mila viticoltori, e che declina la propria azione secondo due principali direttrici – la sostenibilità e la ricerca d’avanguardia. Parole importanti, che in un oggi sempre più minacciato dal cambiamento climatico acquisiscono un peso specifico tutt’altro che indifferente, e che nella vendemmia 2023 hanno trovato un’applicazione pratica in PICA, una piattaforma digitale smart che permette di ottimizzare le operazioni agricole del caso grazie a una banca dati dettagliata e un monitoraggio in tempo reale.
Potatura, irrigazione, fertilizzazione; ma anche gestione localizzata di eventuali patologie e stato di maturazione dei singoli grappoli: tutto possibile e calibrato grazie all’occhio di sensori intelligenti dislocati nei vigneti. Una vera e propria “vendemmia digitale”, ecco, che nella sua efficienza rappresenta una potenziale risposta alle sfide del cambiamento climatico (pur lasciando, è bene notarlo, alle mani dei viticoltori la possibilità di fare la differenza).
PICA vuole essere intesa, si legge in una nota stampa, come “una marcia in più”. È per di più bene notare che Cavit non è certo l’unica cantina ha saputo fare fronte alle sfide di quest’anno grazie a un approccio innovativo e tecnologico: appena una manciata di giorni fa, ad esempio, vi raccontammo di un’azienda toscana riuscita a concludere la vendemmia con ottimi risultati grazie a un’attenta prevenzione.