Quando pensiamo all’esecrabile fenomeno dello sfruttamento del lavoro nel settore alimentare, il primo pensiero va quasi sicuramente all’agricoltura, riportando alla mente storie terribili come quella di Satnam Singh, vittima di una morte crudele e violenta, e diventato suo malgrado un simbolo della lotta al caporalato.
Ma le criticità non mancano anche sul resto della filiera, e anche nella GDO emergono storie di condizioni di lavoro inaccettabili e degradanti: è il caso dell’imprenditore del catanzarese Paolo Paoletti, arrestato per sfruttamento dei dipendenti e a cui la Guardia di Finanza ha anche sequestrato attività per per un valore di oltre ventisette milioni di euro.
Le condizioni di lavoro
L’imprenditore era titolare di cinque supermercati tra Montepaone, Soverato e Chiaravalle Centrale, in cui erano impiegati circa sessanta lavoratori, le cui precarie condizioni economiche e situazioni di necessità li rendevano vittime vulnerabili per uno sfruttamento sistematico. A fronte di una retribuzione evidentemente insufficiente come quella di quattro euro l’ora, venivano pretesi turni insostenibili, con più di cinquanta ore di lavoro effettive alla settimana, con parte dei salari sottratti (e poi restituiti in contanti), limitando i giorni di riposo settimanali e le ferie annuali. L’ambiente di lavoro era lungi dall’essere in sicurezza, e gli infortuni che ne derivavano dovevano essere dichiarati come infortuni domestici, ovviamente sotto costrizione, impedendo così ai lavoratori di avere accesso alle tutele previdenziali previste.
Associazione a delinquere
Un sistema che si basava su falsi contratti part-time e altrettanto false buste paga, che l’imprenditore fermato dal Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata (G.I.C.O.) del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria Catanzaro, non mandava avanti da solo, ma con la connivenza del consulente del lavoro e della responsabile amministrativa della società, anche loro arrestati, che si occupavano di redigere le già citate documentazioni. Oltre a loro, i responsabili dei punti vendita si occupavano della messa in opera dell’apparato di sfruttamento, ad esempio accompagnando i lavoratori infortunati in ospedale per accertarsi che dichiarassero il falso circa le dinamiche degli incidenti. In totale sono cinque i soggetti nei confronti dei quali sono state emesse le misure di custodia cautelare.