Quando Kraft Heinz contattò il Wyss Institute della prestigiosa Università di Harvard a Boston i termini della collaborazione erano piuttosto chiari: trovare un modo per ridurre la quantità di zucchero nei loro prodotti alimentari senza tuttavia andare a intaccare le proprietà benefiche dello zucchero, come il consueto (e invitante) colore dorato del caramello sui prodotti da forno, il rendere le marmellate e altri prodotti simili più densi e creare un ambiente in grado di dilazionare nel tempo il processo di deterioramento. Un gioco da ragazzi, no? Quelli di Kraft volevano mangiarsi una torta intera e non ingrassare di un grammo, in altre parole. I risultati, a distanza di due anni dai primi contatti tra le parti coinvolte, sono decisamente soddisfacenti… Anche se la soluzione proposta – trasformare lo zucchero in fibra – è senza ombra di dubbio diversa dalle aspettative.
Un’idea folle per un problema quasi impossibile
Ah, la bellezza del processo creativo. Se avete amici che hanno provato a scrivere un libro, dipingere un quadro, comporre una canzone provate a chiedere loro cosa ne pensano, e certamente saranno tutti d’accordo nell’indicare una costante: che sovente si inizia da una direzione e si arriva alla soluzione per tutta un’altra strada. Volevo scrivere un bel romanzo introspettivo da depressione precoce? Ops, mi è uscita una commedia all’italiana con Christian De Sica che insulta un vino abruzzese.
Insomma, vien da pensare che nell‘innovazione il processo sia piuttosto simile. Ho un problema bello difficile, una vaga idea di come approcciarmi, e dopo svariati tentativi e lacrime ho trovato una soluzione che ha necessitato di stravolgere tutte le carte in tavola. Ecco, la trovata degli scienziati del Wyss Institute ve la potremmo riassumere così: i nostri clienti vogliono un modo per ridurre la quantità di zucchero nel cibo? Bene, ecco un modo per trasformare lo zucchero in fibra quando è già nell’intestino.
L’intera ricerca si è basata sugli enzimi normalmente utilizzati dalle piante per produrre questo scambio. Gli studiosi hanno cercato modo per aggiungere tali enzimi al cibo senza modificarne il contenuto di zucchero, e hanno finito per incapsularli in nanoparticelle sferiche in grado di proteggerli durante i processi di produzione alimentare. Gli enzimi rimangono così incapsulati finché non vengono esposti a un aumento del pH, che si verifica nel passaggio dallo stomaco all’intestino: qui, come avrete potuto intuire, gli enzimi vengono liberati e cominciano a trasformare lo zucchero in fibra. Semplice, no?
“Pensavamo di essere arrivati al Wyss con un problema impossibile” ha commentato a tal proposito Judith Moca, responsabile della scoperta e dello sviluppo tecnologico di Kraft Heinz “e loro lo hanno capovolto per presentare un’idea ancora più folle per risolverlo”. Follia e risultati non si discutono: il metodo, per quanto potrebbe apparire complicato, funziona.