Tutto è iniziato con un video di un famoso YouTuber britannico Niko Omilana, invitato a visitare uno degli allevamenti dell’azienda Moy Park, uno dei principali produttori di pollame d’Europa, che vende pollo a KFC. Le riprese, come potete immaginare, mostrano condizioni impeccabili: i polli vengono trattati con cura, hanno posatoi e paglia fresca e vivono in condizioni di pulizia. Si può dire lo stesso quando le telecamere sono spente, però?
Gli investigatori del marchio di cibo vegano VFC si sono posti la stessa domanda, e dunque hanno ispezionato lo stesso allevamento in incognito dopo un paio di settimane dalla registrazione del video originale, trovando gravi problemi di sovraffollamento, poca paglia fresca e animali malati, zoppi o deceduti. Il video registrato da VFC mostra un luogo sporco, fradicio di feci, del tutto differente da quanto emerso in quello di Niko Omilana: diversi polli sono sdraiati sul pavimento, incapaci di reggersi in piedi a causa del loro stesso peso, mentre quelli “in salute” hanno a disposizione uno spazio paragonabile a quello di un foglio A4. Insomma, pare chiaro che le reali condizioni dell’allevamento in questione siano ben diverse da quelle mostrate nel video originale.
“Questa è una delle campagne di marketing più ingannevoli di sempre” ha commentato Matthew Glover, cofondatore di VFC. “Questa rappresentazione dell’allevamento di polli è assolutamente fuorviante e cerca di rassicurare il pubblico che tutto va bene, quando nulla potrebbe essere più lontano dalla verità”. La risposta delle aziende colpite, chiaramente, non tarda ad arrivare. “Prendiamo estremamente sul serio il benessere dei polli nella nostra catena di approvvigionamento” ha commentato un portavoce di KFC. “Continueremo a lavorare con Moy Park per garantire che questi standard siano rispettati e continueremo a promuovere la trasparenza, che è una parte importante del nostro lavoro di welfare, rimuovendo le idee sbagliate e garantendo la responsabilità in tutto il settore”. Moy Park che, nel frattempo, sostiene che l’allevamento in questione è gestito “secondo uno standard molto elevato”, e che gli animali “esibiscono comportamenti naturali”.