Bestiabme troppo debole per mantenersi in piedi, con la pelle screziata dalle piaghe e le gabbie toraciche sporgenti. Questa è la dolorosa vista affrontata dai pastori Maasai del Kenya mentre lottano per tenere in vita la loro mandria e salvarla dalla crudele morsa della siccità. È importante notare, di fatto, che il bestiame è al centro dello stile di vita tradizionale Maasai, non solo come principale fonte di cibo e reddito, ma anche come indicatore di status sociale, tanto che le mucche vivono accanto agli stessi pastori. Nemmeno questo legame, tuttavia, è abbastanza forte da sconfiggere la peggiore crisi idrica degli ultimi 40 anni, che di fatto sta attanagliando l’intera regione del Corno d’Africa.
“Questo è il tipo di situazione in cui ci siamo trovati tutti, con il bestiame emaciato”, ha detto Jackson Sane, pastore Maasai. Kenya, Etiopia e Somalia si trovano sull’orlo della carestia, con quattro stagioni piovose fallite in maniera consecutiva che hanno finito per strozzare i raccolti e concretizzare lo spettro della carestia. Il risultato è che i pastori si trovano costretti a vendere il proprio bestiame che però, nelle attuale condizioni, può fare ricavare appena qualche spicciolo. “Quelli marroni che giacciono accanto a me porterebbero fino a circa 60.000 o 65.000 scellini ($ 500- $ 530). Ora vengono venduti per soli 1.500 scellini kenioti ($ 12)” racconta ancora Sane.
“I prezzi della farina di mais sono aumentati, anche la benzina, mentre i prezzi del bestiame si sono gravemente deprezzati”, ha affermato il commerciante di bestiame Joshua Kedoya. “Veniamo al mercato solo perché siamo disperati e non c’è nient’altro da fare”.