Un progetto che forse avrebbe voluto appoggiarsi sulla forza gravitazionale emanata dalla (tamarrissima, eppur evidentemente intrigante per una fetta notevole della popolazione) figura di Gianluca Vacchi, ma che in definitiva si è sfumato in una comunicazione un poì grossolana, che ancheggia da una parte all’altra senza riuscire a incidere come, immaginiamo, il suo fondatore avrebbe voluto. Ci stiamo riferendo a Kebhouze, la catena di kebab lanciata verso la fine del 2021 dall’imprenditore – influencer in questione e che, nel corso degli anni, si è allargata a coprire una parte sostanziale del nostro caro e vecchio Stivale.
Gianluca Vacchi e il caso Kebhouze: quando non è tutto oro quel che luccica
Una crescita organica che, a una semplice occhiata superficiale, avrebbe potuto comunicare un progetto in perfetto stato di salute – che d’altronde, se le cose fossero andate male, non ci sarebbe stata notizia di nuove aperture, no? Ebbene, la realtà è ben distante dall’apparenza: dati alla mano, a oggi la Kebhouze Srl impiega circa 112 addetti e, fino a una manciata di giorni fa, era di fatto controllata fino al 92% dalla Cofiva Holding di proprietà dello stesso Gianluca Vacchi.
La sopracitata holding ha di fatto riunito i suoi soci nei giorni scorsi, come riportato da Affari Italiani, per discutere del bilancio aziendale e prendere atto che, numeri alla mano, la catena di kebab ha accumulato perdite per un valore totale di 1,9 milioni di euro (di cui, stando a quanto lasciato trapelare dai rapporti interni, ben 1,3 milioni di euro di perdita risalenti al periodo dello scorso anno, 87mila euro di perdite portate a nuovo e altri 264mila euro di passivo accumulati nei primi due mesi dell’anno in corso – il che significa, tra parentesi, che salvo una clamorosa inversione di rotta la perdita complessiva dovrebbe essere ancora maggiore).
Le perdite registrate negli ultimi – nonché i soli – anni di attività hanno mutilato il capitale da un totale di un milione di euro di oltre un terzo del suo valore: in altre parole, per mettere una pezza al passivo, sarà necessario andare ad azzerare le riserve e ridurre il capitale dal sopracitato milione a 264 mila euro per poi ricostruirlo a tempo debito sempre a un milione.
Difficile indicare con certezza cosa sia andato storto nel progetto Kebhouze: come abbiamo anticipato in apertura, tuttavia, l’impressione è quella di un’idea impostata sulla vaga popolarità di Gianluca Vacchi e che, superata l’euforia del lancio, abbia rapidamente perso la bussola tentando di stare a galla con esperimenti piuttosto discutibili e grossolanamente miopi: come altro definireste, d’altronde, l’idea di distribuire preservativi e cartine davanti a una scuola media?