Jack Daniel’s in crisi, ma perché beviamo meno whisky?

Jack Daniel's ha annunciato mestamente un netto calo delle vendite del suo whisky. Tutta colpa dell'inflazione, dei dazi UE e anche della fine della pandemia

Jack Daniel’s in crisi, ma perché beviamo meno whisky?

Incredibile a dirsi, ma anche un marchio come Jack Daniel’s è in crisi. Brown-Forman, produttore di diversi liquori, fra cui per l’appunto anche il noto Jack Daniel’s, ha rivelato mestamente che le vendite del suo whisky sono diminuite dell’1% nel corso della prima metà dell’anno. Che sembra poco, almeno fino a quanto non si viene a sapere che, nel medesimo periodo di un anno fa, le vendite erano invece aumentare del 9%. Un crollo, praticamente. Ma perché beviamo meno whisky? Secondo il CEO le cause sono tante, prego, scegliere le preferite: l’inflazione, la ridotta disponibilità economica degi acquirenti, i rincari, la fine della pandemia, i dazi UE…

La crisi del whisky Jack Daniel’s

whisky

Il produttore ha poi snocciolato altri dati. Le vendite totali dei suoi whisky sono diminuite del 2% su base annua, con il Woodford Reserve in calo del 3% l’Old Forester in calo del 5%. Una netta differenza rispetto all’anno scorso quando le vendite ti tali marchi premium avevano segnato un aumento del 39%.

L’unica nota positiva in questa sorta di disfatta alcolica arriva dal Jack Daniel’s Tennessee Apple: è l’unico prodotto che ha registrato un aumento. E ben del 50%. Ovviamente questo calo delle vendite si è automaticamente tradotto in un crollo delle azioni di Brown-Forman, con un calo del 10%, uno dei titoli peggiori dell’ultima settimana. Senza dimenticare, poi, che il titolo è sceso del 16% annuo.

Lawson Whiting, il CEO di Brown-Forman, durante una conferenza sugli utili, ha cercato di giustificare questo calo sostenendo che la situazione si è normalizzata dopo la pandemia da Covid-19. Ma ha anche ammesso che sono stati costretti a tagliare le previsioni sulle vendite per il 2024: i rincari e le condizioni macroeconomiche stanno creando un ambiente operativo sempre più difficile in cui lavorare, cosa che li costringe a ridurre le loro aspettative.

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Secondo il CEO, infatti, rincari e inflazione hanno sì che i consumatori cerchino alternative sempre più economiche, visto che il loro potere di acquisto è in continuo calo. E ammette che i bevitori potrebbero aver raggiunto il loro limite per quanto riguarda i prezzi aumentati dei marchi Brown-Forman: i liquori hanno dovuto aumentare i prezzi a causa dei rincari di materie prime ed energia, ma i prezzi per i consumatori finali sono arrivati al loro limite massimo. Ovvero i consumatori di più non sono disposti o non possono spendere, cosa che li spinge ad accantonare i marchi più cari per cercare alternative economiche.

In effetti Whiting ha paragonato questo rallentamento della spesa dei consumatori allo stesso calo che è stato registrato non solo per gli alcolici distillati, ma anche per altri beni di consumo confezionati.

Un altro fattore che preoccupa poi il CEO sono i dazi UE che entreranno in vigore a partire dal 2024. In pratica sulle importazioni dei liquori l’UE imporrà un dazio del 50% come pacchetto di tariffe di ritorsione sui beni statunitensi a causa della disputa, tuttora in corso, in merito all’acciaio e all’alluminio.