Niente più amo, lenza o piombino: l’azienda SteakHolder Foods, con sede in Israele, ha affermato di avere prodotto un filetto di pesce pronto da cucinare utilizzando una stampante 3D e delle cellule animali coltivate e cresciute in laboratorio. I nostri lettori più attenti avranno già intuito che il tema è naturalmente quello del cibo coltivato, una delle potenziali soluzioni ai problemi ambientali ed etici rappresentati dalla produzione alimentare che, come ben saprete, ha però incontrato una feroce, rumorosa e non sempre limpida opposizione da parte del governo nostrano.
Pesce con la stampante in 3D: come lo chiamerebbe Coldiretti?
Probabilmente riesumando quegli stessi termini faziosi già abbondantemente usati per bollare la carne coltivata – carne in provetta, carne Frankestein, il particolarmente popolare carne sintetica. Ma allontaniamoci dalla soffocante miopia nostrana che ha fondamentalmente mutilato una potenziale filiera di eccellenza e attirato, tra le altre cose, anche l’appello della Peta a tornare sui propri passi; e volgiamo invece lo sguardo verso Israele, Paese che sta prendendo a configurarsi come bastione di innovazione e produzione del cibo coltivato.
Come accennato in apertura l’azienda locale SteakHolder Foods ha collaborato con Umami Meats, con sede a Singapore – altro angolo di mondo che continua a profilarsi come avanguardia del cibo coltivato – per produrre filetti di pesce eludendo la necessità di colpire gli stock ittici in costante diminuzione.
Umami Meats si occupa di estrarre le cellule dagli animali e di farle crescere in tessuti adiposi e muscolari, con la SF che invece li aggiunge a un “bio-inchiostro” adatto a particolari stampanti in 3D. Il risultato? Un filetto che in tutto e per tutto ricorda il pesce pescato in mare. È tuttavia bene notare, tant’è che la stessa azienda israeliana si premura di sottolinearlo, che la coltivazione cellulare è ancora troppo costosa per eguagliare il costo dei frutti di mare tradizionale, e pertanto le cellule di pesce vengono attualmente diluite con ingredienti di origine vegetale.
“Con il passare del tempo, la complessità e il livello di questi prodotti aumenteranno e i prezzi legati alla loro produzione diminuiranno” ha commentato a tal proposito Arik Kaufman, amministratore delegato di Steakholder Foods, durante una breve intervista rilasciata a Reuters. La strada, tuttavia, non è tutta in discesa: mentre le cellule staminali di mucca sono già state ampiamente studiate – tant’è che la carne è la pietanza che al momento domina il dibattito sul cibo coltivato -, la conoscenza su quelle dei pesci è ancora relativamente limitata.
“Dobbiamo capire cosa piace mangiare alle cellule, il modo in cui crescono, e non c’è molta letteratura scientifica a riguardo” ha spiegato l’amministratore delegato di Umami, Mihir Pershad. “Il numero di scienziati che lavorano sulla biologia delle cellule staminali di pesce è una piccola frazione di quelli che lavorano su cellule animali e cellule umane”.