I prodotti provenienti dai territori occupati dallo Stato di Israele devono avere un’apposita etichetta per evitare di fuorviare il consumatore. È la richiesta – destinata a fare discutere – della Corte Ue, richiesta arrivata in seguito ad un ricorso presentato dall’Organizzazione ebraica europea e dalla casa vinicola israeliana Vignoble Psagot.
In definitiva, è necessario che negli stati membri dell’Ue gli alimenti che provengono da un insediamento israeliano in uno dei territori occupati dallo Stato di Israele abbiano una etichetta ad hoc. Non è sufficiente indicare che il prodotto è “Made in Israel”, secondo la corte Ue serve una indicazione supplementare.
Una sentenza che, ovviamente, non ha incontrato pareri positivi da parte dei vertici israeliani: “È inaccettabile sia moralmente che in principio – spiega il ministro degli Esteri, Yisrael Katz – La decisione politica e discriminatoria a danno di Israele è uno strumento in una campagna politica contro Israele […] riduce le probabilità di raggiungere un accordo di pace,contraddice le posizioni Ue sul conflitto e rafforza le posizioni di gruppi radicali anti-israeliani”.
La scelta della Corte Ue deriva da motivazioni forti e di natura umanitaria visto che – ricorda – “gli insediamenti installati in alcuni dei territori occupati dallo Stato di Israele sono caratterizzati dal fatto di dare attuazione a una politica di trasferimento di popolazione condotta da tale Stato al di fuori del suo territorio, in violazione delle norme del diritto internazionale umanitario”