Era nell’aria da un po’, a dire il vero. Almeno da quando, un paio di anni fa, il Giappone riprese la pratica in questione dopo un trentennio di tregua. Oggi in Islanda cacciare balene semplicemente non conviene più: la domanda di carne è diminuita drasticamente (complice, per l’appunto, la ripresa in Giappone: il Paese del Sol Levante era il principale importatore), ed è molto stare ad ammirarle piuttosto che cercare di ucciderle.
“Sono rimaste poche motivazioni per autorizzare la caccia alle balene oltre il 2024” ha spiegato la ministra irlandese della Pesca, Svandis Svavarsdottir. “Perché l’Islanda dovrebbe continuare un’attività che non porta più alcun guadagno economico, per vendere un prodotto per il quale non c’è quasi più domanda?” Va detto, inoltre, che si tratta di una tipologia di partica che a tutti gli effetti è disapprovata nel resto del mondo, e quindi smettere consente di liberarsi di questa fastidiosa maglia nera.
Come dicevamo, le balene continueranno a essere protagoniste nella “nuova” Islanda, solo in una veste diversa: i whale watchers che visitano l’isola con l’intenzione di ammirare questi mastodontici mammiferi marini sono sempre più, tanto da generare un giro d’affari dal valore di oltre 11 milioni di euro all’anno.