In Europa le 20 aziende produttrici di carne e prodotti lattiero-caseari più grandi e importanti sono responsabili dell’emissione di più gas serra di paesi come la Danimarca e l’Olanda: una notizia che, nell’età della (ritardataria?) lotta all’inquinamento emerge dall’ultima report redatto dall’Istituto per la politica agricola e commerciale (IATP).
O, se preferite altri paragoni per convincervi dell’impronta ecologica di questo tipo di aziende, vi basti pensare che le loro emissioni combinata sono paragonabili a quelle complessive del colosso petrolifero Eni, o sono equivalenti al 60% del gruppo Total. Secondo l’analisi degli obiettivi climatici condotta dallo IATP, inoltre, nessuna delle 20 aziende prese in esame pare avere intenzione di passare all’agricoltura agroecologica o di ridurre la produzione di carne (nonostante quasi la metà degli europei dichiari di aver ridotto sensibilmente il consumo), e solamente 4 di esse segnalino effettivamente emissioni dalla loro catena di approvvigionamento. Sono meno ancora (3 in tutto), invece, quelle che si sono impegnate a ridurre le emissioni del bestiame entro il 2030.
“La Commissione Europea farà alle grandi aziende produttrici di carne e latticini un ben regalo di Natale anticipato se deciderà di finanziare – con il denaro dei suoi contribuenti – dubbie compensazioni per il carbonio nel suolo”, ha dichiarato Shefali Sharma, direttrice dello IATP, riferendosi alla recente iniziativa della Commissione che mira ad aumentare la quantità di anidride carbonica immagazzinata nel suolo per bilanciare le emissioni di gas serra legate agli allevamenti intensivi e ai fertilizzanti. Un’iniziativa che, oltre a ignorare la pressante necessità di tagliare direttamente le emissioni, potrebbe rivelarsi poco lungimirante: secondo gli esperti, infatti, il carbonio così immagazzinato nel suolo rischia di essere rilasciato nell’atmosfera rapidamente a causa di inondazioni, siccità e incendi. Che, con il cambiamento climatico che si profila sempre più minaccioso, sono sempre più comuni.