Primo appuntamento in carcere? Perché no. A Bollate, precisamente tra le mura del carcere di Bollate, ha aperto i battenti InGalera, una delle prime realtà di ristorazione italiana gestita da persone che hanno debiti con la giustizia.
Ambiente fresco, alle pareti fotografie che ritraggono altre carceri italiane. Si entra dalla guardiola del carcere senza lasciare il documento, basta la prenotazione
Cucina dai nomi evocativi, dalle vongole fujute alle pennette 41bis, ci si diverte a giocare un po’ sulle sventure, è meglio per tutti.
Nel menu piatti come pappardelle di castagne con ragù di cervo con grappa e ribes o faraona farcita con belga e nocciole. A pranzo si spendono 12 euro per un piatto unico, mentre la cena completa si aggira sui 35 euro vini esclusi.
Nella brigata di sala e in quella di cucina le persone interne al carcere, camerieri, aiuto cuoco e lavapiatti, e quelle esterne come il maître e lo chef Ivan Manzo si amalgamano bene, per un risultato che s’impegna a essere professionale: maitre e chef coordinano un team per cui in un posto diverso, in un momento diverso sarebbe stato molto difficile ottenere una possibilità del genere.
Oltre al piccolo grande riscatto sociale un salario d’ingresso pari al 65 per cento dello stipendio base, che a seconda dei ruoli va da 6/700 a 1.200 euro al mese.
L’entusiasmo dei detenuti coinvolti è palpabile: è la loro prima, vera occasione di confronto con il mondo dopo aver commesso errori a volte irrimediabili. Pene lunghe da scontare, ma fruttuose.
Merito dell’attività è della Cooperative Abc La sapienza in tavola, che ha saputo raccogliere e identificare il bisogno della realtà carceraria italiana di rendersi utile, di non isolarsi dalla realtà.
Perché il recupero è possibile, recuperare con un bel ristorante, ancora di più.
[Crediti | Link: Corriere, immagini: Duilio Piaggesi/Fotogramma]