Influenza aviaria all around the world: la stagione epidemica più grave di sempre continua a far parlare di sé, con le autorità governative del Perù e del vicino Ecuador che hanno di fatto ritenuto opportuno dichiarare in maniera ufficiale lo stato di emergenza sanitaria per (almeno, che a peggiorare c’è sempre tempo) tre mesi. I numeri inerenti al nostro caro Vecchio Continente e agli Stati Uniti d’America dovrebbero ormai uscirvi dalle orecchie (50 milioni di pennuti a testa, più o meno), ma i casi peruviani sono decisamente più “giovani”: il Paese sudamericano ha segnalato i suoi primi casi appena un paio di settimane fa, a metà novembre, ma pare che la situazione abbia rapidamente assunto una massa critica.
Influenza aviaria: la moria di pellicani in Perù
Nell’ufficializzare l’emergenza a livello nazionale le autorità governative peruviane (in collaborazione, naturalmente, con il servizio sanitario agricolo) hanno ordinato che tutti i volatili presenti nelle immediate vicinanze di un focolaio venissero macellati e seppelliti ad almeno due metri di profondità. Stando a quanto lasciato trapelare dai rapporti del personale veterinario, pare che il morbo abbia decimato in particolare le colonie di pellicani nel Nord del Paese, con circa 14 mila esemplari rimasti uccisi.
Le autorità locali hanno consigliato alle persone di evitare il più possibile ogni forma di contatto con gli uccelli marini, siano questi vivi o già morti, e ha attivato le tradizionali misure per prevenire la trasmissione al pollame o ai cosiddetti “pennuti da cortile”. Il timore, naturalmente, è quello che il virus riesca a penetrare negli allevamenti, causando aumenti dei prezzi delle materie prime e determinando ingenti danni economici; ma nelle linee guida è evidente anche un implicito timore che il contagio arrivi a toccare anche l’uomo, come peraltro è già accaduto in Spagna.
In Ecuador la presenza dell’aviaria è stata rilevata invece durante il fine settimana in un allevamento di pollame, con il personale veterinario che ha ritenuto opportuno designare immediatamente le opportune misure di quarantena. Nonostante il focolaio sia relativamente giovane i numeri sono già impressionanti: si parla di circa 180 mila uccelli prossimi al macello nel nome della lotta alla diffusione del virus, con il governo che non garantisce la sicurezza del consumo di uova e carne di pollo.
“Durante i prossimi 90 giorni non sarà possibile spostare uccelli, prodotti e sottoprodotti di origine aviaria come uova, galline e polli dagli allevamenti colpiti dall’epidemia” ha affermato il ministero. Il contagio attualmente rilevato rappresenta appena lo 0,15% della popolazione avicola del Paese, con questo particolare settore che è responsabile per il 23% del PIL ecuadoriano – un tesoretto che, senza ombra di dubbio, dovrà essere protetto anche a costo di imporre misure di sicurezza particolarmente stringenti.