Due allevatori di pollame in Inghilterra sono risultati positivi all’influenza aviaria, ha appena annunciato l’Agenzia per la salute e la sicurezza del Regno Unito (UKHSA): stando a quanto lasciato riportato dalle autorità sanitarie, entrambi gli uomini avevano recentemente di recente lavorato in un allevamento di pollame poi classificato come infetto, e da allora sono stati sottoposti ai test del caso per verificare la loro positività al virus in questione. È bene notare, in ogni caso, che nessuno dei due lavoratori ha manifestato sintomi di alcun tipo, con i portavoce dell’UKSHA che sottolineano come il rischio per la popolazione continui a rimanere molto basso.
Influenza aviaria nell’uomo: rischio basso ma concreto
La comunità scientifica internazionale, in ogni caso, continua a mantenere un approccio di grande cautela: se è pur vero che, come appena accennato, l‘influenza aviaria continua a rappresentare un rischio molto basso per l’essere umano; è altrettanto importante notare che l’incremento di casi nei mammiferi – con la cosiddetta influenza “canina” che, in particolare, rappresenta una preoccupazione viva per le autorità sanitarie – va valutato e considerato come un potenziale campanello di allarme.
Rimane da considerare, per di più, una costante che lega praticamente tutti i casi di infezione umana: si è infatti sempre trattato di persone che si trovavano a stretto contatto con il pollame, arrivando anche a maneggiarlo per lavoro, sovente – come in alcuni recenti casi individuati in Cile e in Cina – senza le adeguate protezioni necessarie a scongiurare l’infezione.
Bando agli allarmismi, insomma: il capo consulente medico dell’UKHSA, la professoressa Susan Hopkins, ha affermato che a livello globale “non ci sono prove di diffusione di questo ceppo da persona a persona, ma sappiamo che i virus si evolvono continuamente e rimaniamo vigili per qualsiasi prova di cambiamento del rischio per la popolazione”. Vien da sé che naturalmente continua a essere fondamentale evitare di toccare uccelli – o altri animali – ammalati o morti, segnalando casi sospetti alle autorità sanitarie locali.
Nei casi dei due allevatori inglesi la comunità scientifica ha riconosciuto l’importanza di sequenziare il ceppo virale, in modo tale da individuare potenziali mutazioni che potrebbero avere indotto l’infezione asintomatica, e soprattutto sottolineato come l’infezione sia avvenuta a causa della vicinanza dei due a pennuti già ammalati di influenza aviaria. D’altronde, è bene notare che con il mondo intero che si sta trovando a dovere affrontare la stagione epidemica più grave di sempre, pare logico che aumentino anche il numero di esseri umani contagiati.