L’influenza aviaria continua a essere un grosso problema in Ecuador (e anche nel resto del mondo – ma lo vedremo più tardi). Il Paese sudamericano dichiarò lo stato di emergenza sanitaria all’inizio dello scorso dicembre dopo aver rilevato una manciata di contagi – i primi sul territorio nazionale, di fatto – in un allevamento nella provincia centrale di Cotopaxi: la scelta potrebbe apparire avventata, ma assolutamente comprensibile se pensiamo al fatto che nelle regioni settentrionali nel vicino Perù i contagi erano in rapida crescita. Prevenire è meglio che curare, in altre parole – ma a quanto pare l’apparente prontezza delle autorità sanitarie ecuadoriane non ha fatto altro che scalfire la dura corazza del virus.
Ecuador: i vaccini e i primi casi nell’uomo
Bernardo Manzano, ministro dell’Agricoltura e dell’allevamento dello Stato sudamericano, ha dichiarato che l’Ecuador procederà con il vaccinare più di due milioni di uccelli contro l’influenza aviaria per tamponare il più possibile il focolaio che sta “occupando” il Paese.
Il processo di vaccinazione del pollame, ha spiegato Manzano, avrà inizio nei prossimi due mesi e prevede l’importazione di quattro milioni di dosi attraverso una partnership messicano-ecuadoriana. È bene notare che il settore interessato è di fatto responsabile per il 23% del PIL totale ecuadoriano – un tesoretto che va evidentemente protetto a ogni costo. Stando ai dati ufficiali, a oggi si contano già 1,2 milioni di pennuti infettati e in seguito abbattuti nelle quattro province del Paese.
“Il vaccino, insieme alla biosicurezza e alle misure di controllo, aiuterà a prevenire la diffusione della malattia” ha commentato Manzano, sottolineando come la sua somministrazione sarà per di più fondamentale per ridurre i tassi di mortalità degli uccelli negli allevamenti. “Il vaccino è biologicamente sicuro e non costituisce un rischio per l’uomo” ha poi aggiunto Patricio Almeida, direttore dell’Agenzia per la regolamentazione e il controllo fitosanitario e zoosanitario. “Diminuisce il tasso di mortalità dall’80% al 40%”.
Di recente si è parlato di Ecuador e influenza aviaria anche soprattutto per il primo caso di trasmissione umana sul territorio nazionale: la sfortunata vittima è una bambina di nove anni, con ogni probabilità infettata dal contatto diretto con del pollame domestico portatore del virus.
Come abbiamo brevemente accennato in apertura, la questione influenza aviaria non è assolutamente esclusiva all’America del Sud: a nord i colleghi a stelle e strisce parlano di “epidemia da record” con oltre 50 milioni di volatili morti; mentre nel continente europeo si continuano a segnalare focolai – i più recenti in Repubblica Ceca e Bulgaria. Il timore degli scienziati, nel frattempo, è che questo possa essere il preludio per la prossima pandemia.