L’influenza aviaria continua a imperversare in Francia. Potremmo dire “continua a terrorizzare l’Europa” e non essere bollati come catastrofisti, sì, ma la realtà è che, perlomeno al momento, c’è un’acuta dissonanza tra la gravità effettiva della stagione epidemica in corso – la peggiore di sempre, facendo affidamento ai dati emessi dalle autorità sanitarie – e la percezione del pubblico. In altre parole, non siamo preoccupati (o preparati, se preferite) quanto, con ogni probabilità, dovremmo effettivamente esserlo: come appena anticipato l’intero Vecchio Continente è sommerso dal numero di positività, con i Paesi membri – come la Francia, per l’appunto – che si trovano costretti a obbligare gli allevamenti a tenere i capi al chiuso nel tentativo di tamponare una ferita che sanguina sempre più copiosamente.
Allerta alta in Francia
Le autorità sanitarie francesi hanno dunque ritenuto opportuno introdurre lo stato di allerta “alta”; un ritorno di fiamma dopo che, alla soglia dell’arco estivo, furono rimosse le restrizioni precedentemente introdotte agli allevamenti nazionali. In altre parole, i cugini d’oltralpe si stanno trovando sospesi in un’altalena letale: tra il primo di agosto e l’8 di novembre le autorità sanitarie hanno individuato 49 focolai di influenza aviaria ad alta patogenicità (HPAI) nel territorio nazionale, con numeri sempre più elevati nel pollame domestico nei cortili e tra gli uccelli selvatici.
“In un contesto caratterizzato dalla persistenza senza precedenti del virus nell’ambiente e dalla forte attività migratoria degli uccelli selvatici, è essenziale rafforzare le misure preventive per evitare la contaminazione degli allevamenti di pollame” ha commentato a tal proposito il ministero dell’agricoltura tramite una nota stampa. Come vi abbiamo anticipato il livello di rischio “alto”, che in precedenza era fissato a “moderato”, implica che tutto il pollame dovrebbe essere tenuto all’interno degli allevamenti e che vengano adottate misure di sicurezza aggiuntive, anche per la caccia, per evitare la diffusione della malattia.
Le mere conseguenze produttive sono già sotto gli occhi di tutti: i nostri lettori più attenti avranno senza ombra di dubbio notato che vi abbiamo già ampiamente raccontato dei cali nella produzione di uova (tanto che, nel contesto del Regno Unito, le “scorte” sono virtualmente esaurite – complici naturalmente anche i costi dei mangimi saliti alle proverbiali stelle) o di foie gras, con i produttori che invitano a “condividere” quel poco che avanza in una sorta di appello alla solidarietà tra golosi; ma quel che preoccupa sono le conseguenze per l’uomo. Secondo gli epidemiologi dell’Istituto Superiore della Sanità, infatti, ci sono una serie di elementi che rendono H5N1 il candidato favorito per una prossima pandemia”: in Spagna, addirittura, si contano già i primi casi negli uomini.