Si stima che l’influenza aviaria abbia ucciso più di 50 mila uccelli selvatici nel solo Regno Unito – un numero che ha pressoché raddoppiato le stime precedenti e che, con ogni probabilità, è di fatto destinato a crescere ancora. Attualmente l’Europa – e il mondo con essa – sta affrontando la stagione epidemica di aviaria più grave della sua storia, con abbattimenti negli allevamenti che hanno ormai abbondantemente superato la quota di 140 milioni di pennuti (un dato, quest’ultimo, risalente all’ormai lontano inizio dell’anno), infezioni sempre più comuni anche nei mammiferi (uomo compreso, anche se il rischio di pandemia rimane basso) e intere specie di uccelli marini spinti verso il rischio di estinzione.
Influenza aviaria: l’epidemia più grave della storia
È bene notare che la stima con cui abbiamo aperto l’articolo – oltre 50 mila uccelli selvatici nel periodo tra ottobre 2021 e aprile 2023 – è stata redatta dal The Guardian sulla base dei dati raccolti dai governi e dalle singole organizzazioni naturalistiche, ma che la comunità scientifica la considera ancora vastamente sottostimata in quanto la maggior parte della carcasse non viene mai ritrovata.
Ne consegue che i rapporti sulla fauna selvatica, pur utili per costruire un’idea generale della situazione effettiva, non rappresentano che una stima sovente “ottimista” della crisi in corso: tra i casi più in pericolo spiccano soprattutto gli uccelli marini, gabbiani in particolare, tant’é che gli animalisti hanno recentemente presentato appelli per bandire la raccolta delle loro uova.
I conservazionisti del Wildlife Trust hanno affermato di non aver “mai visto una mortalità così alta prima” nella più grande colonia di gabbiani dello Yorkshire, dove è morto il 10% delle duemila coppie normalmente presenti. “Dopo una diffusione iniziale nella colonia, che ha visto un aumento molto rapido della mortalità fino al 10%” ha spiegato David Craven, direttore regionale dello Yorkshire Wildlife Trust “stiamo ora assistendo a un rallentamento del numero di uccelli morti e morenti, che ci porta sperare che questo significhi che la malattia all’interno della colonia si sta estinguendo”.
È bene notare, per di più, che i gabbiani sono ormai da tempo stati indicati dalla comunità scientifica come vettore principale della diffusione dell’influenza aviaria nel Vecchio Continente; tant’è che le autorità sanitarie – pur sostenendo che il rischio per l’essere umano rimane basso – hanno ritenuto opportuno raccomandare alla popolazione di evitare il più possibile il contatto con pennuti di ogni genere morti o potenzialmente infetti, o di indossare i più comuni dispositivi di protezione individuale – guanti, mascherine e se possibile anche tute – nel caso in cui si fosse obbligati a maneggiare del pollame.