Continuano a crescere i numeri dell’influenza aviaria, che pare abbia ormai abbondantemente preso confidenza nell’attaccare anche i mammiferi. Se infatti la stragrande maggioranza delle vittime di quella che, dati alla mano, è stata definita in maniera unanime dalla comunità scientifica come la stagione epidemica più grande (e più grave, sottinteso) di sempre sono di fatto volatili, nel corso delle ultime settimane le autorità sanitarie del mondo intero hanno preso a segnalare con sempre maggiore frequenza casi di contagi anche nei mammiferi. Le prime positività portate dal cosiddetto salto di specie furono individuate in Spagna, presso un allevamento di visoni; poi nelle lontre e nelle volpi inglesi, nelle linci a stelle e strisce e infine nelle foche della Scozia. Una lunga e preoccupante lista a cui vanno ad aggiungersi gli almeno 716 leoni marini trovati morti nelle aree protette di tutto il Perù.
Influenza aviaria: la preoccupante ombra di una nuova pandemia
L’annuncio, come certamente avrete avuto modo di intuire, è arrivato dalle stesse autorità sanitarie peruviane, che raccontano anche della morte di “decine di migliaia di uccelli, per lo più pellicani“. Il primo caso sul territorio nazionale fu registrato verso la fine nell’ormai lontano mese di novembre; con il Paese sudamericano che non esitò a dichiarare lo stato di emergenza sanitaria appena qualche giorno più tardi, alle prime battute di dicembre. Da allora, stando a quanto dichiarato dal governo peruviano, si contano 63 mila uccelli morti.
Con tutto il rispetto per i nostri amici pennuti, a preoccupare particolarmente la comunità scientifica mondiale sono tuttavia i casi crescenti di infezione nei mammiferi: “”Abbiamo anche registrato da metà gennaio l’insolita morte di molti leoni marini” ha commentato Roberto Gutierrez, capo della sorveglianza del Servizio nazionale peruviano di protezione naturale. “Finora abbiamo circa 716 leoni marini morti in sette aree naturali protette sulla costa”.
Nel corso delle ultime settimane, stando ai rapporti redatti dal personale veterinario impegnato nelle operazioni, gli equipaggi del del National Forestry and Wildlife Service del Perù hanno scandagliato le spiagge lungo la costa centrale del Paese raccogliendo e seppellendo centinaia di carcasse di leone marini.
“Ciò che ha avuto inizio con i pellicani sta ora colpendo questi mammiferi marini” ha commentato Javier Jara, veterinario. La preoccupazione è che il virus dell’influenza aviaria, notoriamente instabile e soggetto a mutazioni, possa evolversi ancora e diventare pericoloso anche per l’essere umano – una possibilità ancora relativamente remota, concorda la comunità scientifica, ma che se dovesse verificarsi (e i recenti casi di mammiferi sono certamente un campanello d’allarme) potrebbe portare a una nuova pandemia.