L’influenza aviaria continua a imperversare tanto in Europa, dove sembra aver colpito anche alcuni falchi pellegrini dalle parti di Firenze, quanto negli Stati Uniti, dove addirittura è stato registrato il primo caso nell’uomo. Si tratta a tutti gli effetti di un’emergenza che ha travolto il proprio settore di riferimento innescando un brusco aumento dei costi di produzione, e causando di conseguenza una crescita del prezzo delle uova – incrementati del 22% nel Vecchio Continente e del 44% oltreoceano rispetto all’anno scorso.
Una crisi che, di fatto, soffre anche del più generale caro energia, dei problemi alla catena di approvvigionamento e della crisi nel settore dei mangimi e dei cerali; anche se l’influenza aviaria rimane, al momento, la preoccupazione più pressante. Stando alle stime redatte dall’Organizzazione Mondiale per la Salute Animale (Oie), infatti, da ottobre dello scorso anno sono stati registrati 21 milioni di casi del morbo in questione, paralizzando gli allevamenti del settore che temono di vedere i propri capi venire uccisi dalla malattia o abbattuti in forma precauzionale.
A tal proposito basti pensare che, negli Stati Uniti, nell’ultimo anno sono state abbattute ben 25 milioni di galline ovaiole, riducendo di fatto la produzione complessiva di uova dell’8%. “Questa situazione ci mostra che le malattie degli animali, come l’influenza aviaria, possono sconvolgere i mezzi di sussistenza e le economie e minacciare la sicurezza alimentare in tutto il mondo” ha commentato l’Oie.